L’essere umano possiede una straordinaria vocazione per l’arte del fare del male.
Ma per fortuna non siamo tutti degli spietati aguzzini che seviziano e umiliano gli esseri viventi. Esistono anche persone incredibili e dal cuore immenso come Cristina Lapis, la donna che ha creato il LiBEARty Sanctuary, un’oasi per ex orsi infelici nel cuore della Transilvania.
Storie di orsi, storie di anime traumatizzate
Fratello Max, accecato da cucciolo, privato degli artigli, costantemente riempito di calmanti e usato come attrazione all’ingresso di un ristorante. Una buia esistenza passata per accontentare i turisti in cerca di un facile trofeo fotografico. Max oggi non c’è più, ma ha potuto finire i suoi anni in libertà nel santuario rumeno.
Sorella Odi, vissuta per 20 anni in una gabbia con una rete di ferro come pavimento. Con i cuscinetti delle zampe gravemente lesionati, ogni passo per lei era un dolore. Solo nel 2006 Odi ha potuto calpestare l’erba per la prima volta e vivere altri 15 anni in pace e benessere. Anche Odi oggi non c’è più, ma il memoriale della sua tragica esistenza resterà per sempre lungo il sentiero del santuario, quale testimonianza di dolore e sofferenza.
Arroventata dal sole in estate, ghiacciata dal freddo invernale. Eccola, la vecchia prigione di Odi
Fratello Bolik, un giovanotto diciassettenne, un gigante gentile con la pelliccia color cioccolato. Anche lui rinchiuso per 15 anni in una gabbia in un complesso turistico in Ucraina. Come tanti altri fratelli di malasorte, Bolik ha rischiato di morire sotto le bombe del conflitto se non fosse stato per l’associazione Million of Friends che si è incaricata di farlo fuggire dalla guerra e portarlo in salvo al santuario in Romania.
Per liberarlo è stato necessario distruggere la porta della sua gabbia, perché quando vi è entrato era solo un cucciolo con la sorte segnata. Bolik ci avrebbe chiuso gli occhi in quella prigione!
Non avendo mai messo le zampe sull’erba, mai ascoltato il suono del vento tra le foglie, e mai visto un altro orso, Bolik ha impiegato un anno per percorrere qualche metro in più dal suo rifugio provvisorio nel santuario, perché non osava farlo dalla paura. Ora Bolik da due anni corre, si rotola nell’erba, gioca nell’acqua e vive finalmente una vita che non avrebbe mai sognato.
Bolik mentre usa una zolla d’erba a mo’ di spugna
Sorella Alisa, che con lo spirito è ancora intrappolata nella sua gabbia virtuale, costretta cioè a muoversi in cerchio e compiere movimenti ripetitivi causati dai traumi neurologici tipici della cattività di uno zoo. Perché per liberare un orso dalla cattività e dai maltrattamenti di decenni non basta purtroppo aprire una gabbia. Non tutti superano i traumi di una vita di orrori.
A proposito di traumi, i fratellini Bim e Bam erano due orsacchiotti orfani quando sono arrivati al Libearty. Ora sono due esemplari magnifici, ma che si portano ancora dietro il trauma della morte della madre. Non è raro osservare Bam sdraiato davanti allo stagno con lo sguardo perso nel vuoto nell’atto di succhiarsi la zampa. Proprio come se fosse un umano, gli si potrebbe diagnosticare il classico trauma infantile da abbandono della mamma.
E poi c’è Maya, l’orsa che purtroppo non è mai arrivata al Libearty Bear Sanctuary. Cristina quando la vide in una gabbia all’ingresso di un ristorante, si ripromise di salvarla, ma Maya era ormai stanca. Si è lasciata morire prima di vedere il santuario che Cristina stava realizzando per lei. Maya ha smesso di mangiare, ha cominciato per disperazione ad automutilarsi le zampe morendo letteralmente tra le braccia di Cristina.
Sì, il santuario era per Maya. E ora è dedicato a lei.
Questi sono solo alcuni degli orsi umiliati e costretti a subire abusi. Maestosi animali ridotti a fare le piroette, derisi, maltrattati e rinchiusi in gabbie con pavimento di ferro e cemento. E pensare che avrebbero potuto far fuori i loro aguzzini con una sola zampata.
Di quanta crudeltà è capace l’essere umano, se oltre ai danni fisici può arrecare danni mentali a un’altra creatura?
Il Libearty Bear Sanctuary: questo non è uno zoo
“Questo non è uno zoo”, recita il grande cartello che campeggia all’ingresso del santuario. E neanche un safari.
Questo è il più grande centro di salvataggio per gli orsi bruni del mondo.
Niente interazioni, niente selfie, niente cibo somministrato per gratificare i turisti. Gli orsi si possono ammirare solo da lontano, in silenzio e debitamente distanziati da doppie recinzioni elettrificate.
Lo scopo di visitare il Libearty Bear Sanctuary di Zarnesti in Romania, è quello di conoscere e diffondere la storia di un progetto che ha il nobile scopo di salvare, proteggere e assicurare benessere agli orsi maltrattati.
Sono 70 gli ettari di bosco che danno ospitalità a 120 orsi affratellati da sventure e orrori che in Romania un tempo erano definiti “folklore”. Le foreste dei Carpazi sono infatti una roccaforte per queste creature, uno degli ultimi habitat naturali dove gli orsi vivono e prosperano allo stato selvatico: una popolazione che ammonta a circa 8.000 orsi bruni, seconda solo a quella russa!
Una “riserva”che purtroppo ha alimentato l’usanza folkloristica di impiegarli come attrazioni turistiche nei circhi, al seguito degli artisti di strada, all’esterno di castelli, ristoranti, addirittura nelle pompe di benzina o fuori dai supermercati. Molti cuccioli venivano sottratti alle madri per essere incatenati e costretti a indossare vestiti da pagliacci per attirare i clienti.
Nella migliore delle ipotesi vivevano ingabbiati in prigioni strettissime, nella peggiore subivano abusi corporali.
L’utilizzo di orsi e altri animali ai fini dell’intrattenimento è stato dichiarato illegale nel 2007, quando la Romania entra nell’Unione Europea. Le norme comunitarie si sono abbattute anche sui giardini zoologici rumeni, molti dei quali piuttosto che adeguarsi, preferirono chiudere o disfarsi dei loro sfortunati ospiti.
Il progetto di Cristina Lapis, nato come idea nel 1998, con l’UE finalmente può diventare realtà. Ogni tanto lo straccio blu ha fatto cose buone…
Cristina Lapis, la madre degli orsi
Ma chi è Cristina Lapis, questa minuta donna rumena dall’espressione dolce e gentile? È la donna che ha tenacemente voluto creare un’oasi in cui gli orsi potessero dimenticare anni di violenze e torture. Basta questo. Grazie a lei gli quegli orsi sono liberi, liberi esattamente come un orso dovrebbe essere.
Cristina ha scelto la Transilvania, un’affascinante regione ai piedi dei Carpazi: 70 ettari di foresta di querce e noccioli dove oggi gli orsi vengono riabilitati, alimentati, curati e monitorati da un team di volontari. Ciascun orso (hanno tutti un nome e io sto imparando a riconoscerli quasi tutti) ha una storia terribile alle spalle, una storia che per fortuna ha un lieto fine.
Certo, la loro non è una libertà totale. La recinzione, per quanto ampia, ne limita gli spostamenti costringendoli alla convivenza. Viene da chiedersi se sia moralmente giusto.
Il santuario è etico?
Sterilizzati e costretti a vivere in 120 all’interno di recinti elettrificati: tutto questo è etico?
Sì, perché stiamo parlando di orsi abusati e con traumi. La reintroduzione in natura significherebbe morte certa. E poi, dopo una vita di sfortuna e abusi, chi si sognerebbe di vietare a queste anime di oziare, giocare o arrampicarsi sugli alberi?
Sono pochissimi gli impianti che rispettano gli standard, ma il National Geographic Traveller qualifica il Libearty come una delle attrazioni per la fauna selvatica più etiche al mondo.
Questo perché gli orsi sono tenuti in un ambiente il più simile possibile al loro habitat naturale. Hanno spazio a sufficienza, l’interazione con i visitatori è vietata, e quella con i volontari è ridotta al minimo o limitata in caso di cure e necessità. Niente carezze come fossero animali domestici. Insomma, ne viene rispettata la natura selvatica.
E tutto il mondo può verificarlo collegandosi alla webcam in diretta che dà su uno spicchio di santuario.
Alla luce di questo, il lavoro di Cristina e del team dei volontari del santuario è inestimabile, anche per la costante attività parallela che porta avanti programmi educativi.
Come visitare il Libearty Bear Sanctuary: informazioni pratiche
70 ettari ma noi dobbiamo stare vicini vicini
- Il santuario si trova in una zona collinare a Zarnesti, nella contea di Brasov. Vista la presenza di terreni impervi, occorre una buona forma fisica, abbigliamento e scarpe comode.
- Le visite avvengono esclusivamente in compagnia di una guida e sono in lingua inglese e rumeno.
- Per non stressare gli orsi sono previsti solo due ingressi al giorno.
- Il biglietto costa tra 40 e 55 Lei (8/11 Euro) a seconda della stagione.
- I bambini sotto i 5 anni non sono ammessi per ragioni di sicurezza.
- È consentito scattare liberamente foto con lo smartphone, mentre l’uso di attrezzatura fotografica professionale necessita di un’autorizzazione aggiuntiva con un sovrapprezzo.
- Raggiungere il santuario degli orsi in Romania con i mezzi pubblici è un po’ macchinoso, meglio un noleggio auto, una gita organizzata abbinata al Castello di Dracula o un transfer privato da Bucarest
- Il sito del Libearty Sanctuary è online con gli orari, i prezzi e le regole da tenere durante la visita.
Aiutare gli orsi del Libearty Bear Sanctuary
I conti spaventano. Gli orsi possono campare (si spera) fino a 40 anni liberi nel santuario. Ciascun orso necessita di quasi venti kg di cibo al giorno e gli orsi sono 120. Parliamo quindi di un totale di oltre due tonnellate di cibo.
Senza considerare eventuali spese mediche, il santuario necessita di oltre 2000 euro al giorno per sfamare gli orsacchiotti. Sono tantissimi!
Al netto del fatto che il Libearty non riceve fondi pubblici, tutto questo sta in piedi grazie al danaro proveniente dalla vendita dei biglietti d’ingresso, dalle donazioni e dalle adozioni.
Ecco come aiutare gli orsi del santuario concretamente:
- Visitare il Libearty Bear Sanctuary. Se vi accingete a viaggiare in Transilvania, non pensatela solo come a terra di pipistrelli, gli orsi sono anche più belli! Io ci tornerei immediatamente.
- Adottare un orso o con un contributo di 5 euro mensile, oppure con l’adozione esclusiva.
- Fare una donazione libera.
- Proporsi come volontario con il programma Oyster.
- Destinare un obolo con la dichiarazione dei redditi.
- Spargere la voce.
Considerazioni finali.
Trovo vergognosa la condotta di governatori e amministratori nostrani circa la gestione dell’emergenza orsi in Trentino. E pensare che nel Libearty avrei potuto incrociare molti degli orsi italiani condannati a morte.
La direzione del santuario era disposta ad accogliere M49 l’orso fuggitivo soprannominato Papillon e Jj4, la mamma orsa responsabile della morte del povero runner deceduto in seguito all’aggressione.
Anche il trasferimento dal Trentino era già bello che organizzato e spesato dalle associazioni animaliste.
Ma i nostri governanti hanno preferito far felici cacciatori e bracconieri autorizzandone l’abbattimento, oppure rinchiudere gli orsi problematici a Casteller.
Avendo conosciuto le storie degli orsi rumeni e, considerato l’assoluto e omertoso silenzio nonché il divieto di avvicinamento all’impianto di Casteller, come se la staranno passando gli italici plantigradi nelle nostre patrie galere?
Nessun orso merita di vivere in una prigione di malvagità
Cara Daniela, solitamente i tuoi articoli mi strappano più di un sorriso. Ero sinceramente convinta che ci raccontassi storie divertenti su questi animali pacioccosi che, grazie a te, ho imparato ad osservare mentre oziano a mollo nel laghetto. E invece mi hai fatto riempire più volte gli occhi di lacrime. Ho sempre più bassa considerazione degli esseri umani. Non che le storie di maltrattamenti verso gli orsi fossero per me una novità. Un orso con gonnellina che danza su due zampe davanti ai turisti non lo sta facendo sicuramente volontariamente e non ha imparato a farlo con le carezze ma leggere le singole storie (solo alcune di esse, chissà quanti sono gli orsi che non sono ancora al sicuro) è stato più doloroso di quanto immaginassi. Sempre grata verso chi salva i più indifesi.
PS. Il Trentino per me non esiste più. Era una regione che associavo alla natura e alla vita selvatica. In realtà è tutta facciata. Allora, no grazie. Preferisco farne a meno anche nel carrello della spesa.
Permettimi un #boycotttrentino
Evviva gli orsi!
Il Trentino è stata un’amara delusione anche per me. Credevo che fosse un problema di idiozia politica. Invece scopro che sono proprio gli abitanti di quella regione a non volere gli orsi. Certo, loro diranno che è facile parlare stando “al sicuro”, da regioni in cui non si corre costantemente il rischio di essere aggrediti e fatti a pezzi nei boschi o, peggio, mentre si porta fuori la spazzatura sotto casa. Comprendo il loro terrore, ma il supporto alla politica dell’abbattimento no, quello non lo comprendo e non me l’aspettavo. Perché non adottano il sistema Abruzzo? Perché non cedono gli orsi problematici ai santuari europei che si sono offerti di ospitarli?
Comunque è sempre colpa dell’uomo, ora anche in Romania la famosa Transfagarasan, definita la strada più bella del mondo, si sta trasformando nella via degli orsi mendicanti. I turisti si fermano con le auto e nutrono gli orsi selvatici con patatine, panini e altre schifezze giusto per catturare una foto da postare su IG. Il risultato è incidenti, traffico, orsi troppo confidenti e aggressioni. È sempre colpa nostra!
Le storie del Libearty sono tremende, prima di entrare nella riserva ci hanno fatto vedere un video con una raccolta di brutture… una mazzata. Mi rincuora però che molti di quegli orsi ora vivono felici. È un piacere vederli giocare e assumere comportamenti buffi dalla livecam. Sto imparando un sacco di cose! 🙂
Grazie Simona, e scusa per le lacrime :*
Che angoscia i primi paragrafi: mi hanno fatto venire la pelle d’oca soltanto al pensiero di quello che avevano dovuto sopportare questi poveri animali. Comprensibilissimo che la maggior parte di loro sia rimasto traumatizzato dalle esperienze vissute, è già un miracolo se riescono a vivere un’esistenza normale in quest’oasi creata da Cristina (e penso alla cagnetta ereditata da mia suocera, che prima ancora aveva cambiato altri due padroni e ancora oggi, a distanza di anni si spaventa a morte quando un oggetto cade a terra e fa rumore). Cristina è davvero un’eroina: immagino la pazienza, il coraggio e la bontà di cuore necessarie per avvicinarsi a un animale traumatizzato e aiutarlo, poco alla volta a fidarsi di nuovo di un umano.
È stato angosciante anche per me ascoltarle dal vivo 🙁 Pensa che la guida aveva gli occhi lucidi mentre parlava di orsi che erano mancati qualche tempo prima. Anche se i volontari non sono autorizzati a interagire fisicamente, è impossibile non affezionarsi a loro, come fai? Mentre io da lontano vedevo masse di pelo, soffici ed enormi peluche, le guide invece riconoscevano ogni singolo esemplare chiamandolo per nome 😀 Ora qualcuno lo riconosco anch’io a furia di collegarmi con la webcam e confrontare gli orsi con le schede presenti sul sito ufficiale del santuario 😉 Ci vorrebbero più Cristine, mi dispiace tanto che in lei rimarrà per sempre il rimpianto di non essere riuscita a salvare Maya. Però ne ha salvati tanti altri che ora sono felici. La cagnetta di tua suocera è stata fortunata a incrociare il suo destino con te.
Grazie! 🙂
Bellissima iniziativa, alla faccia del Trentino, che per quanto mi riguarda boicotto alla grande. Non sapevo che fosse proprio la popolazione a non volerli. Ma non tutti, a quanto vedo su Twitter.
Certo che due tonnellate di cibo al giorno ognuno… così tanto mangiano? E che se mangiano?
Comunque, 70 ettari non sono pochi. Bisogna vedere qual è di norma l’areale dell’orso.
Ehm… ho commesso un errore, hai ragione. Due tonnellate di cibo in totale, non per singolo orso. Tuttavia mangiano comunque tanto, i volontari cercano di variare l’alimentazione fornendo sia proteine (carne, pesce) sia fibre (bacche, frutta e verdura) rispettando la dieta che un orso manterrebbe in natura. Poi ci sono orsi che per via della pregressa cattività hanno la dentatura completamente rovinata da un’alimentazione sbagliata, e quelli vanno nutriti diversamente. Così come i cuccioli orfani che arrivano al santuario.
Bella sì, e anche molto ben organizzata: ci sono aree di quarantena e acclimatamento, aree riservate ai cuccioli fino a una certa età. Ho visto personalmente la zona in cui due cuccioloni giocavano felici rincorrendosi tra pozze e alberi, e una zona riservata a un’orsa anziana e cieca che vive col suo compagno. Tutti i riguardi possibili! E sai che ci sono anche lupi e volpi?
È vero, ma la maggior parte purtroppo non la pensa come Alessandro Ghezzer. Triste scoprire che molti trentini sono animati da cattiveria e isteria… salvo poi montare a cavallo dell’orso quando si tratta di fare della promozione turistica. Venite in Trentino, terra di orsi. Di orsi accoppati 🙁 Quando basterebbe copiare il modello Abruzzo.
Grazie per la lettura!
Storie che mi riempiono il cuore di tristezza e dolore. Come possano esistere persone che trattano gli animali in questo modo? È assurdo cosa è accaduto in Trentino. Un evento che ci ha portato alla preistoria; quei poveri orsi si sarebbero potuti salvare e, invece, la crudeltà ha prevalso
Caro Fausto, la cosa triste è che ormai siamo anestetizzati da tali brutture, la maggior parte degli umani ha il cuore di pietra con i suoi stessi simili, figuriamoci che spietatezza con gli animali. Se ne vedono davvero di troppe, pensa che ho paura ad aprire X perché mi ritrovo sempre post dell’ENPA che sono terribili! 🙁 Hai detto bene, siamo retrocessi proprio come umanità. Per fortuna c’è chi invece spende soldi e energie per proteggere gli animali indifesi. E noi non possiamo fare altro che contribuire con un piccolo passaparola, un obolo.
Grazie per la lettura!