In vacanza con l’inglese: le figuracce degli italiani all’estero

Figuracce italiani all'estero

Noio volevam savuar l’indiriss: per andare dove dobbiamo andare, dove dobbiamo andare?

Quanti anni sono passati dalla leggendaria scena in cui Totò divenne il simbolo della barriera linguistica che caratterizza molti italiani in viaggio? Ve lo dico io, quasi 70!
Eppure, ancora oggi, noi italiani all’estero ci facciamo riconoscere per comportamenti sopra le righe e per l’innata capacità di parlare le lingue straniere maccheronicamente.

Siamo per esempio ignorantemente convinti che basti aggiungere una “s” alla fine di una parola per padroneggiare lo spagnolo da madrelingua. Lo spagnolo e il francese, infatti, sono lingue (infami) che si prestano particolarmente bene a far commettere agli italiani all’estero una serie di figuracce.
Ma è con l’inglese che noi diamo il meglio.

L’inglese tricolore

C’è stato un tempo in cui prima di chiedere qualsiasi informazione o di interfacciarmi con qualcuno in un ristorante o in hotel, esordivo con un Do you speak italian? carico di speranze. Dopo tante e reiterate spallucce ho dovuto vincere la timidezza e cercare di farmi comprendere alla meglio.
E così, anch’io ho collezionato il mio bell’album di figuracce con l’inglese. E anche con il francese, eh!
A Mont Saint Michel tanto per dirne una, sono riuscita a far ammutolire l’addetta di un negozio di souvenir. Stavo scegliendo una calamita da un espositore, e indicando quella che avrei voluto acquistare, ho esclamato: Cette est poubelle! Pronunciando poubelle al posto di plus belle, ho praticamente detto “questa è spazzatura”.
È cronaca recente la mia figuraccia nella locanda più antica di Bucarest.
A fine pasto ordino un caffè espresso “Italian style”, dico al personale strizzandogli l’occhio.
Sure, It’s a piece of cake, mi sento rispondere con un sorriso. A momenti quasi cadevo dalla sedia per urlargli No cake please, only coffee!
Povera me, ma quale fetta di torta… io ignoravo che It’s a piece of cake è un modo di dire molto simile al nostro “È un gioco da ragazzi”.

Spesso però – questo va detto – la colpa non è completamente degli italiani all’estero.
Ci sono località ancora poco turistiche dove la lingua inglese non è arrivata in maniera pervasiva. E così noi italici viaggiatori, laddove non riusciamo con le parole, siamo costretti a rompere le barriere linguistiche con i gesti. O peggio, con le imitazioni.
È il caso della Lituania, dove credo che ancora stiano ridendo di me per quella volta che alla disperata ricerca di un cavallo, mi esibii nell’imitazione di un nitrito con tanto di clòppete clòppete. Questo perché non comprendevano horse, cheval, pferd, cavallo, ciuccio. Zero proprio.
E vi risparmio, per dignità personale, tutte le volte che inconsapevolmente ho pronunciato doppi sensi e volgarità allusive mettendo in imbarazzo gli interlocutori.

Detto questo, confesso senza vergogna di provare un segreto senso di appagamento quando noi italiani all’estero azzoppiamo l’inglese. Perché per ogni locale che se la ride dandoci delle macchiette, ce n’è uno che invece se la prende a male per aver maltrattato la sacra lingua di Albione. Sì, gli inglesi sono permalosi assai.
E alla luce di questo, è o non è una dolce vendetta uccidere l’inglese per tutte le volte che aprendo il menu di un ristorante all’estero siamo costretti a rabbrividire leggendo criminosi strafalcioni culinari? Perché non si può scrivere Savoy biscuit (traduzione di savoiardi) steeped in coffee al posto di Tiramisù e passarla liscia. E come dovrebbe reagire un italiano all’abominevole Chicken Parmigiana se non insultandovi con un latinissimo Futue te ipsum?
Perché avremmo anche la figuraccia facile con l’inglese, però quando c’è da mandarvi a quel paese riusciamo a farci capire benissimo. E con stile.

Figuracce degli italiani all’estero: superare l’esame da turista

Strafalcioni, fraintendimenti e risate a parte, con l’avvento delle compagnie low cost, l’emergenza lingue per gli italiani in viaggio è sempre più critica.
Ma c’è un modo, anche in tarda età, per evitare di perdere la faccia all’estero? Se i più fortunati hanno imparato le lingue a scuola, all’università o con le vacanze studio, oggi anche chi è “scarso” può acquisire un livello superiore al The pen is on the table, apprendendo le lingue straniere con metodi semplici e a portata di smartphone. Nessun noioso corso acquistato e abbandonato nel cassetto, nessuna lezione serale soporifera: bastano 17 minuti al giorno.

Per la serie non è mai troppo tardi, 17 Minute Languages permette di imparare nuove lingue in modo efficace e in tempi record, con metodi di apprendimento ideati per essere impartiti in soli 17 minuti al giorno.
Certo, una formazione completa necessita di professionisti madrelingua, ma per chi stesse programmando una vacanza o un fine settimana in una capitale europea, è meglio affrontare l’esame da turista apprendendo almeno i termini e le frasi basiche per evitare gli equivoci e le figuracce tipiche degli italiani all’estero.

In partenza per Londra? Scrivetemi per accedere al corso d’inglese.
Una vacanza in Francia? C’è anche il corso di francese.
Oppure un fine settimana in Germania? C’è un modo per apprendere il tedesco velocemente!
E se organizzassimo in Polonia? Ho anche il corso di polacco.
La Romania è meravigliosa, credetemi! Fatemi sapere, vi indico il corso veloce di rumeno.
Oppure un corso di ucraino express per raggiungere l’Ucraina?
Ottimo per una gita a Praga il corso di ceco, scrivetemi se siete interessati.
Un giro romantico in battello sul Danubio blu a Budapest? Allora vi serve il corso di ungherese.
E se ai tempi avessi avuto il corso di lituano avrei saputo pronunciare la parola cavallo risparmiandomi la figuraccia…

orsanelcarro

Daniela, per gli amici Orsa. Per i nemici destrOrsa. Amo esplorare edifici abbandonati e omaggiare monumenti e memoriali di guerra.

Questo articolo ha 13 commenti

  1. Daniele

    Voglio spezzare una lancia a favore di noi italiani. Quanti capiscono che “It’s a piece of cake” significa “È un gioco da ragazzi”? Io l’ho scoperto qui ora.
    Gli inglesi possono anche fare i permalosi, ma quanti turisti stranieri in Italia sanno dire qualcosa in più dei soliti “ciao”, “pizza”, “buono” e forse una o due altre parole?
    Almeno noi qualcosa riusciamo a dire. E in questo siamo nettamente superiori.

    1. orsanelcarro

      Infatti i modi di dire stranieri a volte sono incomprensibili per noi. Altro esempio inglese è “my cup of tea” per indicare qualcosa di loro gusto, a chi verrebbe in mente che non si stanno riferendo davvero a una tazza di tè?
      È vero, si sforzano poco quando vengono nel nostro paese, e possiamo fermamente ammettere che gli stranieri alle prese con l’italiano sono molto più esilaranti di noi 😀
      Grazie per la lettura 🙂

  2. Oddio, sto morendo! “Questa è spazzatura” pronunciato con entusiasmo avrà fatto pensare al tuo interlocutore che fossi pazza Pensa che io, pur avendo una laurea in lingue e letterature straniere, anni fa in un locale take away di Seattle ordinai un crap sandwich al post di un crab sandwich. Ti lascio immaginare le espressioni disgustate di cameriere e clienti… Ma come dici tu, d’altra parte inglesi e americani ci fanno quasi sempre rabbrividire con le loro traduzioni assurde dei nomi dei piatti, quindi un po’ se lo meritano!
    Ti confesso che non mi dispiacerebbe approfondire la conoscenza del francese, visto che so appena dire grazie, ciao, scusi, e quando mi sforzo mi escono le parole in spagnolo!

    1. orsanelcarro

      Mi sa di sì, anche perché mi ha guardata malissimo e non ha più proferito parola mentre la incartava 😀
      Hahahahahahh memorabile! Confessa, non ordinavi per te, era per il tuo boss 😛
      Mescolare più idiomi nella stessa frase succede anche a me, soprattutto quando vado di fretta e sono stanca. Non sai quante volte ho corso il rischio di parlare una lingua bizzarra come quella dei Minions 😀 Grazie Silvia 🙂

  3. Simona

    Ho riso di gusto leggendo il tuo post! Devo dire che i primi viaggi all’estero li ho fatti quando l’inglese ormai lo masticavo, ma non potrò mai dimenticare il mio primo lungo viaggio in terra teutonica. Mia sorella, che mi aveva preceduto a Berlino 2 mesi prima, ormai padroneggiava il tedesco. Io, catapultata a Berlino di sabato, il lunedì già cominciavo la scuola di lingue. Mia sorella mi istruisce tutto il weekend. Mi dice “tu entri in classe e dici Guten Morgen. Ich heiße Simona”. Provo e riprovo tutto il weekend. So a perfezione la frase. Busso, apro la porta e biascio “gtmrgikSimona”
    Sul francese tanto di cappello. Io non sarei riuscita a dire proprio nulla. Ho provato a studiarlo ma la mia mente ha detto no 😀

    1. orsanelcarro

      Hahahah con il francese ho più confidenza, forse perché alle scuole medie ho avuto un’insegnante di quelle molto “giaguare”. Ogni volta che parlava sembrava la pubblicità di un profumo, oggi l’avremmo sfottuta J’ADOOOR per direttissima 😀 Su Ich heiße mi sarei inceppata pure io, troppe consonanti… immagino le facce dei presenti 😀 E stendiamo una coperta pietosa (di quelle militari di lana pesante e infeltrita) sul mio inglese: lo comprendo male e lo articolo anche peggio, infatti i corsi me li sparo anche io 😛
      Grazie come sempre 🙂

  4. Riflettendo sui miei viaggi passati, mi hai portato alla mente una serie di situazioni, tutte contraddistinte da un elemento comune: la gentilezza delle persone che ho incontrato lungo il cammino. Ad esempio, ricordo quando un addetto alla metro a Monaco mi ha spiegato il funzionamento del sistema con cortesia impeccabile, o quando, perso sull’Adam’s Peak in Sri Lanka, sono riuscito a orientarmi grazie all’aiuto di un local che mi ha indicato la strada giusta. Oppure, il momento in Vietnam in cui ho ritrovato la mia guida smarrita tra le montagne. Se avessi avuto l’opportunità di seguire dei corsi in quei momenti, forse avrei affrontato quelle situazioni con meno ansia. P.S.: Non possiamo negare che noi italiani siamo dei veri maestri nell’arte del linguaggio del corpo!

    1. orsanelcarro

      È vero, è un altro degli aspetti che apprezzo del viaggiare: non solo conoscere gente nuova, ma anche scoprirne la gentilezza! Più volte e a diverse latitudini ho riscontrato che le persone sono disponibili ad aiutarti, e non mi riferisco solo alla mera spiegazione o indicazione sulla mappa. Ansia… a chi lo dici! Che poi è direttamente proporzionale al gesticolare, più siamo ansiosi di farci comprendere e più gesticoliamo! 😛 Gli episodi che citi sono da raccontare (anche per le ambientazioni esotiche), parlacene sul tuo blog in un articolo dedicato! Grazie per essere passato 🙂

  5. ziokos

    Gustoso e divertente. Gli aneddoti in questi frangenti rimangono nella storia personale come punti fermi che verranno raccontati mille volte sempre con successo e ti rendi conto che senza quelle “figuracce” la vacanza non sarebbe stata una vacanza. Brava

    1. orsanelcarro

      Troppo buono, grazie! Vero, è uno degli aspetti che più mi piace raccontare quando torno da un viaggio… al contrario di parenti/amici che invece sono soliti catturare il prossimo per sottoporlo al rito della visione delle millemila foto 😛

  6. Michele San Pietro

    Purtroppo è vero, come traduttore e linguista che conosce tante lingue posso dire che gli italiani sono epici nel fare figuracce linguistiche all’estero. Lasciamo perdere le “esse” dello spagnolo, che rientrano nell’aneddotica, nessuno può seriamente pensare che basti quello per farsi capire in Spagna, a parte il fatto che non è assolutamente vero che tutte o quasi tutte le parole dello spagnolo finiscano in -esse, sono i sostantivi al plurale e un certo numero di altre parole a farlo, ma migliaia e migliaia di altre finiscono con altre lettere. Piuttosto ho veduto in Spagna tanti italiani che tentavano di farsi capire parlando italiano e poi finivano per dover ricorrere ai gesti. Cercare di partire non del tutto a digiuno della lingua del posto quando si va all’estero è molto importante e non è un’impresa impossibile se ci si impegna un po’.

    1. orsanelcarro

      Hai ragione, laddove non si riesce con la favella spesso si fa ricorso ai gesti (soprattutto noi meridionali). Vero anche quando dici che non è un’impresa impossibile, il web è pieno di corsi e videocorsi per acquisire almeno quel tanto di ABC per non trasformarsi nel mitico De Curtis. La gente passa ore ed ore sui social a visualizzare scemenze quando con soli pochi minuti al giorno si possono imparare le “parole-coltellino svizzero” per partire in serenità. Comunque quanta nostalgia dei tempi delle figuracce 😛
      Grazie per la lettura e per il tempo dedicato al commento!

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