Sveglia alle 4 del mattino: in residence tutto tace e bisogna camminare pianissimo per non far cigolare il legno della scala che conduce al pian terreno del nostro grazioso duplex.
Attraversiamo il centro pedonale di San Candido che di primo mattino è ancora più suggestivo. Il giornalaio che apriva bottega ci saluta guardandoci con curiosità: pioveva, faceva freddissimo e noi folli stavamo raggiungendo il terminal degli autobus per salire sul punto esatto da cui cominciare il giro delle Tre Cime di Lavaredo.
Con un breve tragitto di qualche Km scarso per Dobbiaco, raggiungiamo il luogo da cui partono tutti gli autobus: per Cortina, per il lago di Braies, per le Tre Cime ecc.
In tutto eravamo una decina di persone infreddolite (fra noi alcuni pendolari). Due stranieri temerari abbigliati di tutto punto per un trekking chissà dove. Arriva il nostro autobus e montiamo a bordo, strisciamo la Mobile Card per viaggiare aggratis in tutto il territorio e ci accomodiamo.
Il viaggio dura circa 1 ora: le Tre Cime di Lavaredo anche se sono il simbolo delle Dolomiti, si trovano in territorio Veneto, pare che il confine regionale si trovi esattamente fra loro! Sull’autobus un gruppo di persone ci guarda e fa: “Buongiorno, folli anche voi?” Ehh… non abbiamo fatto 85 ore di treno per arrenderci a un po’ di freddo e qualche gocciolina di pioggia.
In realtà è vero, faceva sì molto freddo, ma la pioggia era finissima, impalpabile, quasi brina in sospensione nell’aria. Quella pioggia scassacazzi che non è né temporale e né tale da costringerti a cambiare programma.
Dopo un’ora tra boschi, laghi alpini e tornanti panoramicissimi, arriviamo nel piazzale degli autobus a circa 2000 metri di altezza. Il freddo umido ci penetra immediatamente nelle ossa. A queste altitudini la pioggia è ancora più impalpabile. L’autista in maniche corte (!!) scende dal suo mezzo per sgranchirsi e per procurarsi una sicura polmonite entro la serata. In Alto Adige hanno la cattivissima abitudine di impostare i riscaldamenti di case, hotel, mezzi ecc a manetta. Era soltanto il 2 settembre e i riscaldamenti erano tutti già in “modalità Natale”.
Scesi dall’autobus alle 8:30 circa, ci incamminiamo sul sentiero seguendo il gruppo di 5 persone che è salito quassù con noi. La struttura del rifugio Auronzo ci dà immediatamente il benvenuto, ma decidiamo di non fermarci, puntando direttamente al rifugio Locatelli… tanto che ci vuole… è un trekking facile facile, difficoltà bassa, per tutti! Le numerosissime recensioni sul web indicavano come unica difficoltà l’eventuale presenza di passeggino per bambini al seguito. Bastardi!
Il giro delle Tre Cime di Lavaredo è una faticaccia spaccacuore per chi non è un trekker con un minimo di preparazione fisica. Sappiate che il pensionato pantofolaio che si reca lassù con la moglie per godersi il panorama invogliato dai vostri consigli da Messner dei poveri, lassù ci rimane!
Personalmente consiglio di non effettuare in modo più assoluto il giro completo: già arrivare al rifugio Locatelli è stato davvero sfiancante!
Arrivate là (è da quel punto che si ammirano le Tre Cime come-da-cartolina), guardatevi il panorama, fissatelo nella vostra mente, pranzate, gustatevi una mega fetta di torta e TORNATE INDIETRO assolutamente dalla stessa strada!
Ad un certo punto le 5 persone che ci precedevano si dividono: uno apre i suoi bastoncini da trekking e prende il sentiero tortuoso che porta immediatamente sotto le tre “dita di Dio”, il giro più breve ma meno panoramico. Io invece volevo vederle dal punto classico, quello per cui ci aspettava ancora tanta strada. Vediamo il rifugio lontanissimo e piccolissimo. Ma lo vediamo! Fiduciosi imbocchiamo il sentiero in ripida discesa e il rifugio Locatelli scompare dal nostro orizzonte, fino poi a ricomparire molto più tardi, quando eravamo già stanchi “terminali”.
Un’altra bella salita tosta su dei tornanti palizzati con il legno e finalmente arriviamo sulla terrazza delle Dolomiti. Erano le 13:30. Ci soffermiamo fuori dalla struttura e ci pariamo di fronte alle Tre, o meglio, alle QUASI Tre Cime di Lavaredo perché ironia della sorte, un bel nuvolone di nebbia compatta copriva le tre sommità!
Eccheccacchio, tanta fatica per non vederle neppure intere! Sconsolata faccio qualche scatto e ci affacciamo all’interno del rifugio. Il rifugio è molto spartano, rustico, ma allo stesso tempo intimo ed accogliente: sa di montagna, di cose antiche e, soprattutto… di canederlo! Tra teste impagliate, cimeli appesi e invitanti torte ci sediamo e ordiniamo due immense porzioni di Sacher.
Acquistiamo il Passaporto delle Dolomiti, un simpatico ricordino che va timbrato in ogni rifugio alpino. Una volta fuori abbiamo firmato il libro di Vetta (è subito prima dell’ingresso sotto il porticato) e ci siamo nuovamente soffermati a guardare il panorama, questa volta alle spalle del rifugio.
Decidiamo di cominciare la discesa, ignari che il peggio doveva ancora arrivare…
Ve lo ripeto, NON prendete il sentiero che fa il giro delle Tre Cime di Lavaredo, piuttosto suicidatevi con i numerosi reperti di guerra sparsi lungo tutto il territorio (teatro della Grande Guerra), come quello della foto!
La cosa strana è che incontravamo decine e decine di escursionisti che procedevano contro mano, cioè facevano il giro nel senso contrario. Poi ho capito il perché.
Non si può spiegare a parole l’affanno, il cuore che batte all’impazzata, la testa che pulsa per l’altitudine, i polpacci che tirano per lo sforzo della salita. E poi il fatto che il sentiero da quel lato sia pericoloso, ripido, non definito e in molti punti accidentato, ci ha letteralmente uccisi.
In tutto questo facce sorridenti di settantenni bardati di tutto punto con scarponcini PRO e quei cacchio di onnipresenti bastoncini da trekking. “Hi” accennavano ad ogni passaggio.
… HI UTO avrei voluto rispondere io!
Dicevo che a parole non si può trasmettere il disagio fisico e mentale di quel ritorno al parcheggio degli autobus. Tanto per farvi rendere conto, questa che si vede in foto è la PRIMA salita che vi aspetta. Gli esseri umani ci sono, ma sono talmente piccoli che non si vedono!
Foto Orsa Nel Carro
Sulla sinistra si vede la base delle Tre Cime: dovrete praticamente circumnavigarle e tornare al punto di partenza. Il tutto in due ore abbondanti partendo dal rifugio Locatelli.
La fatica fisica tuttavia è ripagata da paesaggi che altrimenti mai avrei visto in vita mia, nonostante fosse tutto ingrigito dal brutto tempo. Picchi aguzzi dalle forme strane, i colori dei laghetti alpini, la vegetazione fatta di fiorellini coloratissimi e composizioni di nomi e dediche fatte con le pietre dai turisti. Alcune talmente grandi che si potevano vedere soltanto da altezze elevate.
L’ultimo tratto lo abbiamo fatto in compagnia di una piccola mandria di vitelli che, arrivati al piazzale degli autobus (finalmente), si sono placidamente adagiati sull’erba.
Anche noi eravamo pronti per adagiarci placidamente in un tavùto (i non campani non la capiranno). Le condizioni del nostro equipaggiamento da trekking sarebbero state da fotografare! Il colore delle mie scarpe e del mio pantalone tecnico era di un bel marrone-fango incrostato, misto ad un brillante verde-erba. Per fortuna che avevamo i k-way per la pioggia.
A giusta conclusione, da lì a poco mi aspettava una discesa in autobus lungo i numerosi e vomitevoli tornanti fin giù a valle, merito di un simpatico autista che a scuola guida non ha mai imparato a dosare sapientemente il freno.
Chissà se in alta quota le bestemmie prendono?
Beh, una bella faticaccia e un certo conto in sospeso ce l'hai con le Tre Cime di Lavaredo.
È vero che viaggiando tanto prima o poi capita l'esperienza non del tutto positiva, ma forse questa ti ha lasciato più di quanto immagini.
Io intanto faccio tesoro delle informazioni che hai dato sul sentiero, perché anche io devo assolutamente tornare e vederle dalla classica visuale 🙂
Ciao Elisa, verissimo quello che dici! E' un gran paradosso ma quello che mi ha lasciato quest'esperienza (nonostante la faticaccia immane, la pioggia e l'umidità) è una grandissima voglia di ritornarci anche domattina!
Grazie per essere passata!
Le Cime avvolte dalle nuvole sono fascinose da morire! Capisco il senso di sfiga, però le foto che hai fatto a me piacciono molto. Mi danno proprio di luogo remoto, quasi uscito da una ambientazione fantasy. Detto questo, anche a me piacerebbe molto vederle, ma come si fa con passeggino e Sami che a soli due anni già pesa 18 kg? Non la vedo tanto fattibile, purtroppo… Comunque su hi-iuto sono morta dal ridere e qui al lavoro devono avermi preso per matta… ahahah!
Grazie Alessia! Il merito è di Photoshop perchè il senso di sfiga aveva afferrato anche la compatta! 😉
18 kg? Una sacchetta di cemento hahahahah 😀
Beh forse sarò io ad essere una pappamolla però ho letto di non poche famiglie che hanno tranquillamente “scalato” col passeggino!
Potresti chiedere meglio ad Elisa di “Elisa e Dintorni” se col passeggino è stato agevole o no! 😉
Io veramente chiedevo Hi UTO! 😀 😀
Come farsi passare alcuni desideri in pochi minuti di lettura! Scherzo, ma mi rendo conto che per una come me completamente fuori allenamento e più fan di un tagliere di speck e formaggi in uno Stube piuttosto che di una scalata, raggiungere le Tre Cime sarebbe davvero un grande impegno fisico. Gli stranieri in canotta non mi sorprendono, almeno non più dai miei anni berlinesi dove un tenue sole di aprile faceva denudare i tedeschi manco fossero ad agosto in Puglia. Comunque le Cime avvolte dalle nuvole c’hanno il loro gran bel fascino!!
Dici che anche per il lago di Braies mi tocca appendere gli scarponcini al chiodo?
ahahahah ma lo sai che gli Orsi per natura sono pigri e svogliati! Tra l’altro il giro delle Tre Cime era la conclusione di una tre giorni di tour de force…Tony al nostro ritorno voleva uccidermi! Nei giorni precedenti c’è stata una no-stop con giro del lago di Braies+50 km in bici sulla Ciclabile della Val Pusteria: un massacro per persone come noi completamente digiuni di attività fisica! Però ci siamo divertiti tantissimo, abbiamo visto posti meravigliosi e nonostante tutto lo rifarei! 😉
No il lago di Braies è decisamente più light 😉 però il giro completo è interdetto a passeggini e similari perché c’è un tratto percorribile solo “con i piedi”. Mi sono ripromessa di tornarci lassù e prima o poi lo rifarò e conoscendomi è caspita anche che decido di distruggermi ancora una volta con il giro completo 😀 😀
Grazie mille per essere passata Simona! :*
Ero passato di qua per leggere di un’Orsa primordiale, i primi “graffi” sul web di un’autrice che ammiro e che mi diverte…e cosa trovo??! Un bel articolo su una delle nostre prossime destinazioni (speriamo)! E’ proprio così, verso la fine del mese vorremmo recarci ad Auronzo e percorrere prima la nuova ciclabile verso Misurina, poi salire al rifugio Locatelli e goderci la vista spaziale sulle Tre Cime. Ma quindi complessivamente ci avete messo 8 ore tra andata e ritorno? O me lo sto immaginando? Comunque sia, un giro fino al “Rifugio che sa di canederlo” bisogna assolutamente farlo, costi quel costi!
Che poi, quelle nuvole che avvolgono le cime sono suggestive Dani! Capisco però la tua voglia di rivalsa e di godere di una giornata di sole, te lo auguro di cuore.
Ora me ne vo’ a pranzo con l’immagine del canederlo fumante in una baita ai confini del cielo…buon pranzo! 😉
Hey ma grazie per “un’autrice che ammiro e mi diverte” non sai quanto mi faccia piacere, anche perché la stima è reciproca! 😉
Che bello e quindi andrete sulle Dolomiti? In un primo momento avevo capito che andavate da Misurina in bici fino in cima al piazzale del rifugio Auronzo! Mi sono detta -e come lo dirà a Chiara?- 😛 No perché i tornanti sono tosti, c’è chi li percorre a piedi e in bici ma da un sentiero laterale apposito.
Ad ogni modo bardatevi bene perché io ci andai i primi di settembre e lassù faceva freddino, a fine mese credo che le temperature subiscano ulteriori cali. Il problema è se è nuvolo perché con il sole l’aria fresca si sopporta. Si 8 ore compresa la pausa al rifugio. A proposito informati sugli orari di apertura dei rifugi perché i mesi invernali (non credo sia il caso della tarda estate) chiudono proprio del tutto. I rifugi sono tre: Auronzo, Locatelli e l’altro di cui non ricordo il nome che è il più carino. Senti…ma visto che ti sto dicendo tutte queste cose, non è che vi serve una guida esperta da portare con voi? 😛
Ci puoi scommettere che ci tornerò, io le devo fotografare per intero! *_* Ma nel frattempo mi godrò i vostri scatti!
Sentiti libero di chiedermi tutte le info che vuoi (su come non soccombere) hahahahah!
Buon pranzo allora e ancora grazie 🙂
Bellissima zona che sto mettendo in programma per le mie vacanze, ma ho un dubbio, i bambini piccoli possono andarci a fare le escursioni o è troppo pericoloso?
Ciao grazie per aver letto.
Bambini piccoli quanto? Ecco io ad esempio un bimbo di 6 anni non ce lo porterei, al massimo arriverei fino al primo rifugio ma non oltre. Escludo completamente il discorso per bambini più piccoli. Dai 10/12 in su forse ma calcola che il giro completo sarebbe parecchio impegnativo per loro.
Grazie ancora!
Grazie a te per la risposta. Ho figli troppo piccoli quindi per il momento escludo di portarli. Informazione preziosa!