L’ultimo viaggio: la sposa imbalsamata del vecchio cimitero di Pietrastornina

Vecchio cimitero abbandonato Pietrastornina

Diverse credenze legate al passaggio nell’aldilà vogliono che l’anima del defunto debba attraversare un ponte, precisamente il ponte di San Giacomo, tanto comodo e agevole per le anime buone, quanto sottile come un capello per quelle cattive.
Talmente sottile che puntualmente precipitano giù, nel baratro infernale.

I genitori di Giulia erano fermamente decisi di farle compiere la prova del ponte nella più fulgida delle sue versioni.
Era il 1920, Giulia fu imbalsamata, vestita con l’abito nuziale, e adornata con i gioielli più preziosi di famiglia. Poi fu tumulata in una teca di vetro, affinché tutti potessero farle da testimoni in quell’eterno matrimonio.

Giulia avrebbe dovuto sposarsi nel fiore dei suoi anni quando l’epidemia di Spagnola la strappò al suo promesso, ai suoi cari, al suo paese natio.
Talmente grande fu il dolore dei genitori che ne fecero un’imperitura bambola, una bella e macabra sposa che la leggenda ha immortalato nel giorno del suo matrimonio con la Morte.

La sposa imbalsamata era talmente bella che presto dai paesi limitrofi si scatenò un lugubre pellegrinaggio. Tutti volevano vederla, tutti volevano omaggiare la bellezza della Morte.

Pietrastornina vecchio cimitero

Ma è inevitabile, la paura atavica della morte, alimentata dall’ignoranza e dalla superstizione, è un qualcosa che non si può estirpare o “contraffare” con la grazia.

Giulia pareva così viva da sembrare dormiente, e agli occhi di una comunità rurale e ignorante, quel Requiescat In Pace inciso sulla teca, deve essere sembrato una sorta di scongiuro, una formula magica per sbarrarle la strada e impedirle il ritorno tra i vivi.
Riposa in pace.
E non tornare!

Giulia, non ci sono matrimoni in cielo, ma c’è amore ¹

Venne presto il tempo della guerra, il tempo in cui la paura della morte non giungeva dagli occhi chiusi di una giovane sposa cadavere.
Ben altri mostri alati sparsero sangue dall’alto, e la Signora abbandonò la falce per armarsi fino ai denti di bombe, granate, proiettili.
E insieme alla guerra vennero la miseria e la povertà.

Vinte tutte le credenze, vinte tutte le superstizioni, e vinti tutti gli umani contegni, la teca di Giulia fu mandata in frantumi.
La sposa cadavere fu spogliata e privata dei suoi gioielli, e la sua bellezza esposta alla corruzione della terra, col tempo si disfece in essa.
Anche la bara di vetro fu ignobilmente trafugata.

E non rimasero che le sue ossa.

cimitero vecchio di pietrastornina

All’ombra de’ cipressi o dentro l’urne confortate di pianto è forse il sonno della morte men duro?²

Proprio no, almeno nel cimitero abbandonato di questo sperduto paese del meridione. Le ultime anime tumulate qui risalgono agli anni ’60.
Da allora la pioggia, la neve e l’abbandono, ne hanno fatto un mucchio di tenebrose rovine, tanto da diventare luogo destinato a prove di coraggio e incursioni notturne generatrici di leggende e racconti del terrore.

Prima uno, poi due, poi tre avvistamenti. Gli abitanti cominciarono a [credere di] vedere Giulia in abito da sposa aggirarsi tra le viuzze del paese.
Ma se le visioni non sono pericolose, perché ti puoi sbagliare, perché forse è stata un’ombra, un abbaglio, un bicchiere di troppo… i capelli invece no, quelli li puoi vedere e li puoi toccare anche alla luce del giorno.
Tra i cipressi, tra i rovi e tra gli alberi nel bosco intorno al vecchio cimitero, apparvero lunghe e folte ciocche di capelli.
Sono suoi! È Giulia, è tornata!
È la sua anima dannata che non trova pace!

Nel profondo Sud sono molte le “tecniche” per vincere la resistenza dell’anima ad allontanarsi definitivamente dal mondo dei vivi.
Bottoni, catenine e sciarpe annodate, agli occhi dell’ideologia popolare sono impedimenti ai quali l’anima potrebbe impigliarsi, ostacolandone il cammino verso il ponte.
Che l’anima di Giulia fosse rimasta impigliata nei gioielli?
O tra i ricami del velo nuziale?

Si decise di dismettere il vecchio impianto cimiteriale, fu recitata un’ultima messa sul posto in suffragio delle anime, e le spoglie di tutti i defunti, compresi i poveri resti di Giulia, vennero traslate nell’ultimo viaggio -questa volta davvero l’ultimo- verso il nuovo cimitero cittadino.

Cimitero abbandonato Pietrastornina

Non piangere, non sono qui sotto il pino³

Quando ho raggiunto il cimitero abbandonato era ormai tardi, Giulia non c’era più. Nessun lumino, nessun fiore fresco.
Nessun’anima viva, né morta. Solo la fame, tanta fame, della fitta vegetazione.

Ma se la memoria di Giulia sopravviverà, tra verità e leggenda, il vecchio cimitero di Pietrastornina verrà invece consegnato all’oblio. Il bosco se lo sta riprendendo.

È strano vagare per un cimitero senza morti, e se da un lato mi beo nella poesia dell’abbandono inseguendo le ombre nell’edera, ascoltando le voci del vento tra i cipressi, dall’altro non riesco a trovarvi il tipico conforto della “presenza dell’assenza”.
Ma dov’è la struggente bellezza del crepuscolo?
La morte, in questo piccolo e abbandonato camposanto di montagna, sembra beffarsi della vita per ben due volte. Sto esplorando un cimitero morto…

Pietrastornina panorama dal vecchio cimitero

Non entrare timidamente come se tu fossi dubbioso. È viva la tua anima?4

Mi piace visitare i cimiteri, non lo considero né bizzarro né macabro. Visitare un cimitero è economico, gradevole, consente di riflettere in pace, non è affollato e i suoi abitanti sono ordinati, irreggimentati, e, soprattutto, silenziosi.

Sciocchezze a parte, il turismo cimiteriale non è da sottovalutare: regala la possibilità di conoscere le storie delle persone, nonché la possibilità di scoprire tante curiosità antropologiche riguardo agli usi e costumi di piccole comunità come questa.

E poi il cimitero è quel luogo in cui quel legame tra vivi e morti non dovrebbe mai spezzarsi. E qui invece è si è spezzato.
È già tanto difficile trovare l’alba dentro l’imbrunire, come cantava Battiato, che senso ha deritualizzare un cimitero?

Quanta inquietudine, mi viene da pensare a quelle anime che hanno attraversato il Novecento, persone che in questa società contadina passavano gli anni a organizzarsi il futuro nell’al di là preoccupandosi di mettere da parte i “soldi per la morte”, per il funerale, per il fosso…
Questo cimitero abbandonato era la loro garanzia di un sicuro e duraturo investimento.

cimitero abbandonato

È per questo che non si dovevano traslare i loro resti. Certo, ora riposano in un cimitero regolamentare, hanno una sepoltura nuova di zecca e ben più dignitosa. Ma il loro camposanto è vuoto, è un rudere con la porta spalancata, la chiesetta crollata, e gli originali epitaffi spezzati e sparpagliati tra i rovi.

Non potevano restare qui?

Mi rendo conto, prendere posizione rispetto a questo strano affare è una cosa soggettiva e anche profondamente legata alla propria concezione che si ha della morte.

A prescindere dal proprio credo, il culto dei morti è stata la prima espressione religiosa dell’uomo, ma se è vero che la preghiera non è soggetta a limiti categorici di tempo e spazio, la commemorazione dei defunti invece sì.

Che senso avrebbe un cimitero altrimenti? Tanto varrebbe sbarazzarsi delle salme smaltendole “ecologicamente” nel ciclo dell’azoto, evitando di accumularle occupando spazi e suoli.
In quest’ottica la morte è un qualcosa di irreversibile che annulla e cancella completamente la persona cara.
Inutili dunque i funerali, l’inumazione e tutti gli aspetti legati alla tanatologia, come inutili le celebrazioni in suffragio, inutile il ricordo.

Io sono di quelle persone che no, il ricordo dei cari non sopravvive dentro le persone.
Perché il ricordo muore con le persone. La parte di noi che vive negli altri muore quando anche gli altri muoiono.
I cimiteri (quelli che ospitano i morti, ovvio) sono gli unici e assoluti custodi del ricordo, con in più il meritorio ruolo di essere al di sopra di fedi, cosmologie e culti vari.

Sento spesso dire che il cimitero non sia un luogo per i morti, ma per i vivi, ed è proprio così. Da qui è possibile scorgere il ponte di San Giacomo, e magari intravedere l’anima del nostro caro che ci saluta dall’altra sponda.
Eppure si va sempre meno al cimitero, come se scansandolo si volesse aggirare il dovere di naturalizzare la morte.

Siamo proprio strani. La morte, nella forma più violenta, la accogliamo nelle nostre case tramite i telegiornali, tramite gli odiosi programmi di approfondimento, tramite i film, i libri, i videogiochi.
E la morte, quella dei cimiteri, quella che trasmette acquiescenza perché connaturata alla vita stessa, quella la evitiamo accuratamente.

Il vecchio cimitero di Pietrastornina è questo pensiero fattosi concretezza.

Pietrastornina panorama dal vecchio cimitero

Ma bando a queste riflessioni, da quassù la vista dell’Irpinia è delle più incantevoli: tra le fronde scorgo una finestra naturale con una vista privilegiata sulla guglia di Pietrastornina.
Che fine farà il terreno del cimitero abbandonato?
Spero che qualche mente illuminata lo faccia suo per coltivarci sogni, e non piante.

È tardi, varcando il portale del vecchio cimitero mi accingo a tornare giù in paese, tra i vivi.
Già, tra i vivi… come se fossi stata in compagnia dei morti.
Con l’amaro in bocca mi rendo conto che in questo cimitero, di morto, c’è solo il glorioso passato di un intero secolo.

Pietrastornina vecchio cimitero abbandonato

Reportage fotografico realizzato senza violare divieti e nel pieno rispetto dello stato di fatto. Ho lasciando solo impronte, ho prelevato solo immagini.

¹(cit. Spoon River Anthology, Edgar Lee Master)
²(cit. Dei Sepolcri, Ugo Foscolo)
³(cit. Spoon River Anthology, Edgar Lee Master)
4(cit. Spoon River Anthology, Edgar Lee Master)

orsanelcarro

Daniela, per gli amici Orsa. Per i nemici destrOrsa. Amo esplorare edifici abbandonati e omaggiare monumenti e memoriali di guerra.

Questo articolo ha 19 commenti

  1. Un articolo scritto con rispetto, come meritano luoghi della specie. Durante le mie scorribande in tema urbex non ho mai preso in considerazione la visita dei cimiteri dei borghi fantasma; effettivamente completano la conoscenza del luogo. Spesso non sono raggiungibili per la presenza della fitta vegetazione che tutto circonda. Emozionante la storia che hai ricostruito sulla sposa imbalsamata. Viceversa, quando visito paesi lontani con usanze completamente diverse dalle nostre, i cimiteri sono tappe fondamentali dei miei viaggi. Ne ricordo di meravigliosi in Madagascar, Guatemala e Papua Nuova Guinea

    1. orsanelcarro

      Sarebbe meraviglioso se tu ne scrivessi sul blog, una rubrica sui cimiteri del mondo la troverei molto interessante, e non mi riferisco all’aspetto “creepy”, ma puramente alle curiosità antropologiche, e alle usanze locali che potresti farci conoscere. Perché se vero che la morte (purtroppo) non conosce limiti di latitudini e longitudini, è anche vero che l’uomo riesce sempre a personalizzarla, e i Paesi che hai citato sono incredibilmente promettenti! È vero, hai ragione, forse perché quando facciamo urbex siamo talmente circondati dalla morte che non ci si pensa ad andarla a cercare ulteriormente nei cimiteri abbandonati. Tocca tornarci nei mesi invernali, quando la vegetazione è meno infestante e i luoghi assumono un aspetto più fosco e tenebroso… 😉
      Grazie per la lettura, Fausto! 🙂

  2. Daniele

    Davvero suggestivo questo cimitero abbandonato.
    Mi piace il turismo cimiteriale, non conoscevo questa definizione. Anche in un viaggio in Norvegia ne ho visitato uno: salme sepolte in terra, come si vede nei film americani.
    I cimiteri mi attraggono e mi piace leggere le lapidi, ma io sono macabro di natura.
    Peccato per le spoglie di Giulia.

    1. orsanelcarro

      Sì, ultimamente pare essere anche molto in voga, soprattutto tra chi cerca lo scatto della tomba del personaggio noto da pubblicare su IG.
      Noi “macabri” invece ci andiamo per curiosare, leggere gli epitaffi (piace anche a me farlo), e per stare in santa pace 😉
      Prima della realizzazione del Sacrario di Redipuglia i corpi dei Caduti della 3a Armata erano sepolti in una splendida necropoli militare, si chiamava il Cimitero degli Invitti e le iscrizioni sulle lapidi erano di una bellezza e di una retorica altissima, roba che mo’ ce la sogniamo! Ti sarebbero piaciuti, peccato che ora sia ridotto a un Parco della Rimembranza.
      Dovresti fare un salto sul blog di Claudia di Viaggi verde acido. Lei del Cemetery Safari ne ha fatto uno vero stile di viaggio (e anche un libro).
      Li tumulano senza bara in Norvegia? Vedi, la morte ci unisce ma ci divide anche! M’incuriosisce parecchio tutto quello che ruota attorno alla dipartita, mi riferisco alle scienze mediche, filosofiche, giuridiche e religiose. I cimiteri di Napoli in questo sono delle autentiche biblioteche, con in più l’immenso valore aggiunto del napoletano-pensiero sulla morte… loro sono dei veri geni!
      Grazie come sempre, Daniele!

  3. Provo un fascino estremo per i cimiteri anglosassoni immersi nel verde con le lapidi ricorperte di muschio o addirittura trasformati in parchi. Ne ricordo uno a Berlino in cui mi immersi nella lettura di un libro salvo accogermi dopo della presenza di alcune lapidi.
    Non ci avevo mai pensato prima ma è vero: siamo esposti visivamente alla morte ogni santo giorno e ci assale la paura quando pensiamo ad un cimitero.
    Sto immaginando il Ponte di San Giacomo sottile come un capello per le anime cattive. Rende benissimo l’idea della di lì a breve discesa precipitosa negli inferi.
    Però a me non dispiace l’idea del cimitero svuotato che viene rinconquistato poco a poco dalla vegetazione, sai?
    Povera Giulia, prima oggetto di pellegrinaggio e poi ignobilmente trafugata.
    Che la sua anima possa finalmente riposare in pace!
    Quella finestra naturale sulla guglia di Pietrastornina mancherà alle anime tumulate.
    Come sempre è un piacere leggerti Daniela
    Un abbraccio

    1. orsanelcarro

      Wow leggere “in compagnia” di antiche lapidi germaniche ha il sapore di un bel racconto gotico, non è successo nulla vero? Ma che vuoi che succeda… non è dei morti che bisogna aver paura (mi faccio le domande e mi rispondo da sola) 😀
      Pensa che nel folklore siciliano il ponte di San Giacomo è una scala fatta di lame di spade e pugnali, e l’anima naturalmente la deve percorrere a piedi scalzi… sempre bello apprendere come nelle varie culture si debba fare i conti con la morte.
      Concordo, anch’io sono del parere che quel panorama manchi di brutto ai vecchi abitanti, fossi nei loro panni (o meglio, nelle loro ossa) me ne tornerei lassù ogni notte, ovviamente non prima di aver spaventato a morte i cittadini lungo la strada 😛
      Non lo dire a me che adoro l’abbandono: il bosco che si prende il cimitero è pura poesia, ma quelle ossa avrebbero dovuto riposare lì, farsi tutt’uno con le radici degli alberi, e non consumarsi in un freddo ossario 😉
      Grazie di cuore, Simona, fa sempre piacere leggere i tuoi commenti! 🙂

  4. lillyslifestyle

    Ma dove le trovi queste storie così affascinanti? Io continuo a dire che un bel libro da pubblicare ti aspetta. 😉
    Non conoscevo la leggenda del ponte di San Giacomo.
    La storia di Giulia mi ha fatto pensare alla “sposa cadavere”, lo so lo so…. ho sempre Burton in mente ma che ci posso fare se è un genio? 😉
    Attendo il prossimo capitolo del futuro libro.

    1. orsanelcarro

      No, no è vero, hai ragione, questa storia è proprio perfetta per la sceneggiata di un film di Tim Burton, tanto più che il set originale è lì che aspetta solo una troupe cinematografica!
      Visto? La nostra Campania è una fonte d’ispirazione infinita per chi cerca spunti di viaggio alternativi. Ho adocchiato nella tua bella Napoli un cimitero assai singolare e poco conosciuto. Al momento non è ancora visitabile, è stato chiuso al pubblico per via della pandemia, ma appena riapre avrà per direttissima il suo capitolo nel libro 😀 Grazie di cuore Lilly, accarezzo l’idea molto volentieri, ma occorre più materiale… altrimenti mi viene un opuscolo ahahahah 😛 A presto! 🙂

      1. lillyslifestyle

        Con te un opuscolo è impossibile. 😉 A Napoli ho un libro antico sui miti e le leggende (abbastanza macabro) non ricordo il titolo ma appena torno te lo scrivo. Tu intanto “liscia” l’idea. :*

        1. orsanelcarro

          Hahahah, grazie! :*

  5. Benedetta Manganaro

    I cimiteri mi attraggono da sempre, meno storie truculente e del terrore. Anche perché li considero luoghi di pace e di quiete e con infinite storie da raccontare come quella che hai scelto tu. Ricordo i più gettonati come il Pere Lachaise a Parigi e quello ebraico a Praga o a Budapest, le lapidi di Boston lungo il Freedom Trail, il cimitero monumentale dove riposano i Florio a Palermo. Col dovuto rispetto, sono luoghi che raccontano quanto è a volte più di tanti monumenti…bello assai Orsa❤

    1. orsanelcarro

      Proprio così, il vestito “creepy” che ci ostiniamo a far indossare ai cimiteri a volte fa decisamente a botte con la quiescenza che trasmettono. I cimiteri che hai citato ormai sono mete super turistiche, quello che non mi piace del turismo cimiteriale è l’intenzionale (o no) mancanza di rispetto dei gruppi in visita… ricordo proprio il vecchio cimitero ebraico di Praga: fai la fila al botteghino, fai il biglietto, entri, cammini lungo il percorso in fila indiana, scatti qualche foto al volo ed esci. Il tutto con i minuti contati, il chiacchiericcio nelle orecchie del gruppo alle tue spalle, zero momenti di riflessione, zero momenti per osservare l’incredibile stratigrafia di tombe! Proprio una sagra… di quelle che si vedono anche il 2 novembre (giorno che evito come la peste).
      Quanto è vero quello che dici nell’ultima frase, sono più informativi e appaganti di un libro di storia! 🙂 Ti ringrazio, come sempre!

  6. Mi è capitato di visitare dei cimiteri, tra cui quello di Highgate a Londra, davvero bellissimo per le statue che si possono ammirare, ma anche certi cimiteri abbandonati nella campagna irlandese che ti trasmettono una sensazione di pace indescrivibile. Penso che non ci sia nulla di macabro.
    Hai raccontato una storia molto triste rendendola molto bella e riuscendo a trasmettere l’amore e il dolore dei genitori della povera Giulia, con un tocco di noir legato alle presunte apparizioni del suo fantasma. E peccato per lo stato di abbandono del cimitero di Pietrastornina: quell’ingresso ha qualcosa di monumentale e la vista è stupenda.
    (Non ho ricevuto la notifica del nuovo articolo, per cui scusa per il ritardo!)
    Buona domenica

    1. orsanelcarro

      Ma ci mancherebbe, Silvia! Nessuna scusa <3 Sono mesi che non funzionano più le notifiche 😉
      Questo paesino dev'essere uno scrigno di cose interessanti, peccato non aver incontrato anima viva per farmi raccontare di più. Vero, sembra quasi un portale dimensionale... peccato solo per la giornata soleggiata, vuoi mettere l'atmosfera di una bella nebbia, o la scenografica presenza di un temporale in arrivo? 😛
      I cimiteri abbandonati nella campagna irlandese: che meraviglia, e chissà quante storie! *_*
      Grazie Silvia, buona domenica anche a te!

      1. Eh sì, non sarebbe stato male incontrare qualcuno del posto e farsi raccontare qualcosa, sempre che i locals abbiano voglia di aprirsi con un “forestiero” 😉 Con la nebbia e un po’ di pioggia sarebbe stato ancora meglio!

  7. Ale Carini

    Un articolo stupendo, scritto veramente bene. Anche io amo visitare i cimiteri, trasmettono pace, schiariscono i pensieri, sono luoghi di memoria importanti e significativi, raccontano tante storie … e hanno tanto da insegnare sulla vita.

    1. orsanelcarro

      Dici proprio bene, non si esagera quando si paragona la Signora con la falce a una psicologa, è proprio grazie a lei che si impara ad apprezzare la vita! Peccato che a volte si capisce tardi… 😛
      Grazie di cuore per la lettura! 🙂

  8. Alessia

    L’ultima volta che ho messo piede in un cimitero per andare a trovare un defunto ero al cospetto della tomba di mio nonno paterno ed ero una ragazzina. Ho pianto talmente tanto immaginandomelo tutto solo al freddo e al buio che sono dovuta scappare via per i singhiozzi. Da quel giorno vado alle messe funebri e a quelle che commemorano il ricordo, ma non al cimitero.
    Come turista mi è capitato di passeggiare nel cimitero di Montparnasse a Parigi. Abbiamo imboccato la strada del cimitero perchè era una scorciatoia per raggiungere dove volevamo andare, e invece ci siamo ritrovati a dedicargli un sacco di tempo, complici la pace, il silenzio e le splendide sculture che vegliavano alcune tombe. A parte però quelli monumentali, a me piacciono i camposanti defilati, che non ospitano nomi illustri e mi piace proprio soffermarmi sulle tombe piccine, quelle magari senza fiori o che non hanno croci sfarzose e cerco tra le date e le foto per provare a immaginare le storie di vita dietro quei ritratti, chi erano, cosa facevano, se si son fatti volere bene oppure no.
    Proprio in questi giorni è morto un ragazzino di 12 anni per un tumore al cervello, andava alla scuola di mio figlio e nella mia testa mi sono messa a fare paragoni tra i suoi genitori e quelli di Giulia di Pietrastornina, tumulata come Biancaneve in una bara di cristallo in mezzo al bosco. Credo che negli anni il dramma per la perdita di un figlio sia rimasto sostanzialmente invariato, sempre insopportabilmente doloroso e per quanto oggi consideriamo quei metodi come superstiziosi e retrogradi io un po’ li capisco…qualsiasi cosa pur di cercare di dare un senso all’assenza e sfuggire all’oblio.

    1. orsanelcarro

      Anche a me, sono proprio quelli anonimi ad avere secondo me più da raccontare! Assolutamente uguale, il dolore non è mai mutato con il passare dei secoli, non evolve e non involve. L’addio alla vita è la prima cosa dolorosa che l’uomo ha conosciuto dai primordi, eppure… millenni e ancora non ci si abitua.
      C’era un filosofo, Anassagora, che alla morte del figlio non si scompose per niente e disse qualcosa come “poteva capitare perché l’ho generato mortale”.
      Ecco, qui è proprio il caso di dire che certe cose, come la morte di un figlio piccolo, non vanno prese “con filosofia”. Che si pianga, che ci si disperi e che ci si affidi alle tradizioni e alle superstizioni, perché in fondo sono l’unica forma di legame che abbiamo con i defunti. Come biasimarli i genitori di Giulia?
      E poveri anche i genitori del compagno di classe di Sami, che tragedia 🙁
      Alessia, la loro ricorrenza si avvicina, potresti tentare di riappacificarti con quel ricordo traumatico… non negargli la tua visita 🙂
      Ti abbraccio forte! <3

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