Per me? Grazie, non dovevi!
Figurati, è solo un pensiero.
Appunto… non poteva rimanere solo un pensiero?
I souvenir di viaggio sono brutti. Ecco l’ho detto.
Acquistare un ricordino in grado di appagare il destinatario è un’arte, un talento.
O ce l’hai o non ce l’hai.
Non esistono purtroppo corsi o tutorial, il rischio di sbagliare è certo come la dubbia utilità dell’oggetto in questione.
E se a questo aggiungiamo le atrocità spesso vendute nei negozietti o sulle bancarelle, ecco che il souvenir può trasformarsi in un micidiale pretesto per spezzare amicizie, parentele, matrimoni.
Personalmente non acquisto più souvenir di viaggio dall’epoca delle gite con la scuola. Penso che per un viaggiatore l’andar per negozi di souvenir sia una punizione assai più disumana della Maledizione di Montezuma.
Viaggiando con solo bagaglio a mano mi limito a qualche calamita presa al volo, un oggetto che certo non mi fa impazzire, ma è l’unica cosa a cui concedo il beneficio di tornare a casa con me.
Souvenir significa infatti “suvnìir”, dal francese sovvenire cioè ricordare il viaggio, e non portare a casa brutture colossali da consegnare all’eternità della polvere.
Più che per il souvenir classico io sono per i ricordi significativi legati al luogo, tipo il ramo di una felce della Foresta di Sherwood, la mummia di un peperone crusko portato dalla Basilicata, la Coca-Cola personalizzata (l’unico ricordo decente di Expo 2015), o perché no, un congruo bottino vinto al tavolo verde di qualche https://casino.netbet.it/.
E tutto sommato è stato un bene che la pandemia mi abbia fatto saltare il viaggio sull’Isola di Wight, non oso immaginare che tipo di souvenir avrei trovato nello shop del National Poo Museum!
E per gli altri? Per gli altri niente. Ma non perché io sia tirchia o perché non abbia il pensiero, è semplicemente per il loro bene.
I souvenir sono come le bomboniere del matrimonio: sono inutili, spesso pacchiani, e destinati inesorabilmente al riciclaggio, sia inteso come differenziazione sia come monetizzazione su Ebay.
Non mi piacciono, non li voglio, non me li portate, tanto che spesso mi esprimo in un poco simpatico: ma non potevi darmelo a soldi?
Eppure i dati dicono che gli italiani in vacanza spendono la bellezza di 5 miliardi di Euro in minchiat… ehm souvenir per amici e familiari.
A quanto pare ci sono forze oscure e sconosciute capaci di attrarre il turista nei negozi di souvenir, e che lo costringono ad acquistare l’oggetto più imbarazzante, la cui mostruosità è inversamente proporzionale all’entusiasmo dimostrato dal destinatario.
Perché ammettiamolo, per quanto osceni, di dubbio gusto, kitch e racchi, i souvenir riescono ugualmente a strappare un mendace “uhhh graaazie chebbello” pronunciato con un’espressione più falsa di un applauso all’atterraggio.
Mai mai il tempo passerà
Oggi, ai tempi dei selfie e dei viaggi mordi e fuggi, avrei giurato che i negozi di souvenir fossero completamente estinti.
E invece no.
Certe cose non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano. Altre invece sono sempre state lì, implacabili e spietate, tra la bottiglia di Stock 84 e la bomboniera di ceramica di Capodimonte, a guardarci dall’alto in basso da quella mensola.
Il dramma è che l’attuale assortimento di souvenir è esattamente lo stesso di quando ho cominciato a viaggiare io, parlo dei gloriosi anni ’80, e mentre scrivo la mente corre con tenerezza ai souvenir acquistati in gita scolastica.
Quella era un’Italia diversa, di gite alla Fantozzi lungo autostrade intasate di Fiat 127.
Quando una gita delle medie significava visitare Firenze, Assisi, Roma, la Reggia di Caserta e gli scavi di Pompei tutti in 12H, pause all’Autogrill incluse. E con al massimo 5 mila lire in tasca.
Come potevi sforzarti di acquistare souvenir sobri e ragionati?
Ecco che si portavano a casa le peggio brutture, la paccottiglia e gli accrocchi che oggi la moda ha promosso a oggetti cult, ma che sono stati e, resteranno, i souvenir di viaggio più brutti di sempre.
I souvenir di viaggio più brutti di sempre (secondo me)
- Souvenir religiosi
- Souvenir hot
- Gli inutili
- I classici da Autogrill
- Gli archeopacchi
- I pericolosi
- Il souvenir più brutto di sempre
I souvenir religiosi
- Il madonnièllo di Lourdes con l’acqua benedetta (del rubinetto) da portare alle nonne devote.
- La classica calamita da cruscotto “non correre” di Sant’Antonio.
- E per chi non guida, e conduce una vita sedentaria, ecco la ciabatta “proteggi la nostra casa”.
- Il business ha pensato anche ai devoti golosi: l’ostia ripiena!
I souvenir osé
- La penna con la donnina che faceva lo spogliarello, la ricordate? C’era anche nella versione casta con la gondola che andava su e giù per il Canal Grande.
- Il grembiule da cucina con la stampa degli attributi del David di Michelangelo da regalare alla vicina infoiata.
- La torre di Pisa dalla foggia fallica ritratta sui boxer e sugli slip.
- L’incrocio tra souvenir hot + religioso: il frate “con sorpresa” lo conoscete tutti, via, quello che con un semplice gesto si trasforma da uomo timorato di Dio a maniaco sessuale.
Gli inutili
- Lo shottino solitario. Nessuno che pensa mai di regalare un servizio da 12.
- Il trullo di Alberobello, per comodità venduto già sbeccato.
- Il cucchiaino in finto argento con bandiera. Da gemellare al povero shottino.
- Il ditale in porcellana Ming.
- Signori della Corte, il nome scritto sul chicco di riso! Chi l’ha inventato è un criminale.
- La macchina fotografica giocattolo al cui interno scorrevano le diapositive, un vero souvenir mitologico dei miei tempi.
I grandi classici dell’Autogrill
- Il matitone decorato con le stampe dei monumenti italiani.
- Il souvenir e l’arte di demolire l’iconografia folkloristica: il carretto siciliano in assetto da gay pride.
- La gondola carillon con le lucine. Ricordo una zia che la conservava gelosamente sul centrino ricamato posizionato sul televisore in bianco e nero.
- Le bamboline horror con i vestiti regionali. Erano vendute in quella altrettanto orribile confezione cilindrica di plastica trasparente che col tempo diventava (per fortuna) opaca.
- Le matrioske di fogge improponibili. Perché esporre 8 Lenin o 8 Trump? Non bastano in esemplari unici?
- Il portafoglio di plastica scadente della squadra del cuore.
- Come non menzionare il barattolo con l’aria genuina di Napoli, avvistato anche tra gli scaffali di Bardonecchia Est?
- Gli animali di gomma tipo il serpente o la tarantola da portare al familiare affetto da fobia.
Gli archeopacchi
- Il finto fossile in DAS da portare al nipotino fissato con i dinosauri.
- E anche il finto artiglio di velociraptor preso al Parco della preistoria di Rivolta d’Adda.
- La finta anfora greco romana napoletana.
- Il finto scarabeo egizio in vero vetro Heineken.
- Il finto capitello dorico in gesso scagliola.
- Il ciondolo con il finto dente di squalo bianco in finta madreperla.
- L’affresco contraffatto di Pompei. Attenzione perché a seconda del bancarellaro qualche volta è autentico!
I pericolosi
- Le riproduzioni in bronzo/marmo di monumenti come torre Eiffel, Colosseo e il Duomo di Milano, quest’ultimo arma preferita dai sovversivi (Berlusconi docet).
- Il mignon da regalare allo zio alcolizzato. La tradizione lo vuole impacchettato in foglio di carta di giornale, e consegnato di nascosto in atteggiamento da contrabbandiere.
- La mazze chiodate, le balestre, le alabarde e tutta la collezione di armi medievali in commercio ad Assisi, città che celebra la pace. Ok questi non sono brutti, ma non sono souvenir!
Il più brutto tra i souvenir brutti
Al primo posto della mia personale classifica dei souvenir più brutti di sempre c’è lei:
- la statuetta segnatempo con gli odiosi brillantini che cambiano colore in base al meteo, un oggetto di rara bruttezza, pari solo al mini sanitario in ceramica con il nome della località visitata.
La parola a voi viaggiatori, parlatemi dei souvenir brutti avvistati intorno al mondo e, soprattutto, raccontatemi il dramma che stanno vivendo le vostre mensole.
*I souvenir horror della foto di copertina sono omini di marzapane avvistati in Alsazia, per anni protagonisti di molti dei miei incubi notturni.
Rido con le lacrime. Perché è vero, sono orrendi e gli stessi da sempre! Avevo dimenticato la biro hot e il matitone e che orrore il grembiule hard…continuo a sfottere mio marito che una volta portò alla madre un delfino in vetro di Murano ( somiglia pericolosamente a quello in foto)
Vabbuo’ ma il delfino in vetro di Murano ha un suo perché (un perché che risuona anche nel portafogli), ma i delfini glitterati che cambiano colore con il sole… oVVoVe! 😛
Ma dico io, siamo un popolo pieno di menti creative, di designer di successo che sfornano le migliori creazioni e nessuno che pensa a rinnovare il parco souvenir! Oddio meglio di no… non vorrei ritrovarmi sulle bancarelle il soprammobile a forma di nuvola di Fuksas 😀
Grazie Benedetta!
grazie a te!
Oddio, sto male, sul serio. “Certe cose non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano. Altre invece sono sempre state lì, implacabili e spietate, tra la bottiglia di Stock 84 e la bomboniera di ceramica di Capodimonte”: praticamente hai descritto il salotto di mia suocera, tra una bambola in costume tipico, una statuetta segnatempo ricoperta di glitter, una conchiglia portata a casa dopo la cena in Liguria (praticamente era il “piatto” usato per servire il cocktail di gamberetti annegato nella salsa rosa).
Io non ho mai amato portare a casa souvenir anche perché in famiglia c’è già mio fratello con questo vizio: alle elementari, in gita a Venezia mi comprò la gondola (senza carillon) con lucine multicolor, e in gita a Parigi una Tour Eiffel di plastica molliccia che emetteva musica e “ballava” tipo i Babbo Natale dell’autogrill. Ora che è cresciuto per fortuna ha smesso…
Hai dei veri pezzi da collezione… magari potresti riciclarli a tua suocera per arricchire il museo nel suo salotto! 😀 Ovviamente scherzo, erano altri tempi, tempi in cui il pensiero del souvenir era “genuino”.
Il guaio è che certe persone non smettono crescendo, anzi, sono rimaste legate a quella tipologia di souvenir e li vedi proprio andare a caccia della statuetta segnatempo appositamente per fartene dono. A volte non so se nei loro gesti si nasconda della cattiveria, anche perché poi quando capitano in casa li scopri a passare in rassegna mobili e mensole con i raggi X per vedere se hai apprezzato e esposto il loro trofeo 😀
Grazie come sempre! 🙂
Daniela, che risate e quanta verità. Se penso alle brutture che ho acquistato in gita scolastica svengo! Per fortuna ora ho smesso ed evito quei negozi proprio come te 😛
Wé da quanto tempo, grazie per la lettura! 😀
Eh con questo post ho aperto la scatola del tempo, l’intenzione era di demolire il mito dei souvenir, ma il risvolto nostalgico non me l’aspettavo 😛 Per conoscerli bene quegli “articoli” mi sa che apparteniamo alla stessa generazione! 😉
hahahahhahahah fondiamo il club “abbasso i souvenir”. Io li odio e sono anche super inquinanti per tutta una serie di motivazioni. Io se proprio voglio (e non devo) compro un pensierino enogastronomico così aiuto i piccoli produttori, sono regali che si consumano in poco tempo e ti assicuro che sono super ben accettati…. finiscono dopo pochi minuti che passono dalle mie mani a quelle del/della fortunat*. 😉
Vado a depositare lo Statuto 😀
Non avevo pensato al fattore ambientale, per non parlare dello sfruttamento, perché gli oggetti in artigianato locale sono una sparuta minoranza rispetto alla paccottiglia in plastica scadente made-in-paesi in cui impera lo sfruttamento del lavoro.
Hai ragione, con il cibo non si sbaglia mai, soprattutto con quello delle nostre parti… vuoi mettere una bella bomboniera di ceramica bianchissima di latte di bufala DOP? 😛
Grazie Lilly!
Sei una criminle a citare la bufala…. (scherzo) heheheh Una bella zizzona non ce la toglie nessuno. 😉
Hahahah, più che zizzona mi sparerei una bella treccia di Vannulo, non so se lo conosci. La leggenda vuole che il Berlusca mandi il suo elicottero in questa tenuta per acquistare le mozzarelle fresche. Ho visto con i miei occhi l’allevamento, pensa che le bufale sono come in una sorta di SPA… hanno pure le spazzole per grattarsi la schiena, vanno nella stazione di mungitura da sole quando ne hanno voglia. E sapessi che yogurt, che dolci e che gelati realizzano con il latte di bufala! 😀
Le spazzole le ho viste anche qui ma per le capre. 😉 Pubblicai il video su Instagram. Non conosco i loro prodotti ma oggi, grazie ai miei che sono arrivati ieri, a pranzo mi godrò una bella mozzarella di bufala e poi un caffè con frolla <3 muoio…. di gioia. 😉
Sono contenta, finalmente un po’ d’Italia, e finalmente un po’ di famiglia! 🙂
La gondola veneziana da poggiare sul televisore? E il pupo siciliano da appendere al muro? No, questo l’ho regalato a mia madre quando sono stato in Sicilia (e sta ancora appeso al muro).
Io ho una collezione di portachiavi, per esempio: da ragazzino l’ho iniziata perché i parenti, di ritorno da un posto, a me regalavano un portachiavi…
I ditali in porcellana li ho regalati a mia madre, perché lei cuce.
Mie sorelle invece mi hanno regalato svariati magneti da attaccare al frigo.
Ma negli ultimi viaggi ho portato a madre e sorelle regali utili (pantofole calde, muffole, zinali).
Certo, regalare un ditale a chi cuce ha senso, per il familiare è sicuramente un souvenir funzionale, ma regalarlo a chi non sa nemmeno riattaccarsi un bottone con l’intenzione di farglielo esporre nella vetrinetta… mi sembra più uno sfottò 😉
Pantofole e muffole piacerebbero anche a me, soprattutto se provengono da latitudini nordiche, quelle sì che le apprezzerei con sincerità, ma per fare tanti pensieri voluminosi dovresti portarti dietro almeno un paio di bagagli da stiva. Io viaggio leggerissima, con uno zaino medio piccolo e basta. Proprio per questo da qualche anno a questa parte ho preso l’abitudine di acquistare i magneti. Sono tutti intonati alla finitura metallica del frigo e sono tutti allineati, distanziati e posizionati con precisione algebrica!
Zinale… oh che linguaggio forbito! No, quello non mi piace, le macchie di sugo sulla maglietta per me sono medaglie al valore! 😛
Ma colleghiamoci con la Signora Imperi per sapere cosa ne pensa del Pupo appeso al muro… 😀
Grazie per essere passato, Daniele 🙂
Souvenir di viaggio? No grazie. Attività non più esercitata da anni, da quando viaggio in moto o con bagaglio a mano. L’assortimento più inutile è rimasto in ufficio, pensieri di colleghi girovaghi. L’ostia ripiena però deve essere interessante! Tra i vecchi souvenir citerei le foto fatte dai tour operator locali all’arrivo all’aeroporto o al villaggio che ti immortalavano in espressioni talmente idiote che tu stesso facevi fatica a riconoscerti. Messe poi in bella mostra in portafotografie così orrendi impossibili da riutilizzare anche con immagine di strafighe. Poi ci sono le bacchette cinesi, i segnalibri in pergamena, le matite vestite e tante altre oscenità. Portatemi solo forme di formaggio sottovuoto
Giusto, come ho potuto dimenticare i portafoto con le cornici orrende? Sulle foto con le espressioni idiote a momenti mi strozzavo dalle risate, so bene a cosa ti riferisci! Io per fortuna mi sono (quasi) sempre sottratta a questa tortura, soprattutto quando si trattava di foto di gruppo. Ad avercelo l’ufficio, sarebbe un ottimo alibi per nascondere ai parenti la brutta fine che abbiamo fatto fare ai loro pensierini…
Sottovuoto e a saldatura stagna, anche perché i cani antidroga (ma anche gli altri passeggeri) ti scoprirebbero subito hahahah 😛
Grazie Fausto, mi fa piacere vedere che tu abbia recuperato un po’ di spirito 😉
Mi hai strappato tu, con questo racconto, alla malinconia che mi affligge in questi giorni
Forza, sei un tipo tosto! Vi abbraccio forte a entrambi! 🙂
Mi ero persa questo super fantastico articolo!
Quanti ricordi hai scatenato dentro di me. Chi non si è trovato in casa una di quelle schifezze, chi non ne ha viste negli autogrill?
La statuetta segnatempo coperta di brillantini, concordo con te, è il souvenir più brutto della classifica. In altre forme è entrata anche dai miei.
Però devo fare outing. Penso di aver portato molte di quelle schifezze dalle gite scolastiche 😀
Ne ricordo una di un brutto ma di un brutto ed assolutamente senza senso. Una finta lampadina con all’interno di un pupazzo con gli occhiali di metallo. Pensa che potrebbe essere addirittura ancora da qualche parte in casa.
Eh, mi sa che il periodo di riferimento è lo stesso! 😀 Oggi i bambini che vanno in gita (viaggi d’istruzione, please) dispongono di veri e propri fondi d’investimento… tanto da poter ricorrere a tutt’altra tipologia di souvenir, cose raffinate e costosissime tipo il posacenere della Ferragni, l’apribottiglie di design firmato dall’ultimo vincitore del GF, sai roba più sciccosa 😛 Tuttavia io mi terrei stretta la lampadina col pupazzo di metallo, da come l’hai descritta è un qualcosa di veramente unico, un giorno potrebbe valere più del brand della Ferragni hahahahah! 😀
W i souvenir dei nostri tempi! 😉
Grazie ancora!
Mamma mia quanto trash in un post solo! Il souvenir che mi ha fatta ribaltare è l’ostia ripiena, perché ci vuole del vero coraggio a comprarla e soprattutto a regalarla.
Ammetto di essere stata una fan dei souvenir da regalare. Ricordo di essere tornata dal primo viaggio in Irlanda con mezzo trolley pieno di regalini, ne avevo presi anche per i cugini e, manco a dirlo, a loro dell’Irlanda non è mai fregato nulla. Poi ho realizzato che a me i souvenir non arrivano mai e, se arrivano, sono oggetti di un brutto, ma di un brutto, aiutame a di’ brutto, perciò ho smesso e mi limito a prendere qualche cartolina.
Tra i peggiori souvenir in mio possesso nomino la tazza gigante col nome di Tenerife stampato in una scritta multicolor stile titoli di Word anni Novanta, orrenda pure per tenerci le penne di scorta. Anche io vorrei dire a chi me li porta “… ma dammeli in soldi!”
Hai visto? Povere noi, la cosa triste è che quando eravamo più giovani mica ce ne rendevamo conto di tutto quel trash? Ci sono voluti i capelli bianchi e la saggezza della vecchiaia 😛
Oddio, li ricordo bene i titoli arcobaleno in Word, pacchianissimi! Erano l’equivalente web delle spalline e dei ciuffi cotonati che andavano negli anni ’80 😀 I souvenir religiosi li trovo veramente di cattivo gusto, una volta mi portarono (a tradimento) a visitare il santuario di Padre Pio, e lì ho potuto fare un autentico reportage fotografico del business che ruota attorno a queste cose…
Grazie Anna! Non souvenir, ma opere di bene 😉
ma come hai potuto non menzionare le “palle con la neve”? orribili e insensate, le vendevano pure a Ibiza, ahahah
(grazie, con questo articolo ho riso come una cretina)
Benvenuta! 😀 Oddio le palle con la neve… talmente insensate (come giustamente dici) che non ha nemmeno senso includerle nella lista. Tra l’altro da quando anni fa vidi Unfaithful, io le associo sempre a delle pericolosissime armi del delitto 😛
Grazie a te! 🙂