Se fossi chiamata a dare una forma al mistero, io sicuramente sceglierei la sinuosa silhouette di un gatto.
Ma che buontempone che è il destino. Era esattamente un anno fa quando un cane, un enorme pastore maremmano bianco, interrompeva la mia spericolata incursione in un convento abbandonato.
E invece stanotte, per questa edizione dei Racconti del 31 Ottobre, sono qui ad argomentare di gatti…
Ma ci sta. Da sempre associato alla magia, all’esoterismo e a qualunque forma di ignoto, il gatto è un animale dal magnetismo affascinante.
Provate a fissare i suoi occhi senza subirne la potente energia.
Non per niente in molte antiche civiltà veniva considerato sacro e adorato come divinità.
Chiunque abbia – o abbia avuto – la fortuna di possedere un gatto, avrà notato certamente alcuni comportamenti incomprensibili.
Dicono che i gatti abbiano un collegamento diretto con il mondo dell’invisibile, con quell’universo-mistero in cui vanno a finire tutte le giacobberie a cui non sappiamo dare spiegazioni.
Personalmente non credo a certe cose, non sono neanche credente per dirla tutta, ma essendomi accompagnata per un lungo tratto della mia vita con uno di questi esseri superiori (sì, perché loro si sentono proprio superiori), be’ di cose strane ne ho viste a palate.
Mi rivolgo a tutti i possessori di questa meraviglia a quattro zampe: alzi la mano chi non lo abbia visto fissare il nulla, il vuoto oppure seguire con lo sguardo qualcosa o qualcuno d’invisibile.
Ma sia chiaro, d’invisibile a noi e alla nostra comprensione.
Si dice che i gatti siano terapeutici, curativi e che assorbano le energie negative. Ma c’è un’altra funzione deputata al gatto sconosciuta ai più: la protezione. Sì, i gatti spesso vengono chiamati a proteggere cose e persone. Laddove all’improvviso compaia un gatto in un determinato luogo, oppure nella vita di qualcuno, vuol dire che c’è bisogno della sua presenza.
Non è il genere di racconto alla “era una notte buia e tempestosa” quello che sto per riportare, ma dovete sapere che c’è un giardino nel cuore di Napoli, un giardino segreto, che custodisce altrettanti segreti degni di una città più che mai legata a misteri ancestrali.
E guarda un po’ è protetto dai gatti. Il giardino di Babuk, si chiama.
Certo, detta così, ha tutta l’aria di evocare nella mente uno di quei tesori nascosti dall’atmosfera agreste e idilliaca.
Ma il sottosuolo di questo giardino cela ben più inquietanti particolari sovrapposti dallo scorrere di anni e vicende storiche.
Ormai l’avrete capito, Babuk era un gatto, o meglio, una gatta dal nome bizzarro che rimanda a chissà quale divinità orientale. E d’altra parte bizzarro lo è anche il suo padrone, uno dei massimi esperti di Proust in Italia.
Il padrone di Babuk, e del giardino, si è aggirato con noi per tutto il tempo sornione e silenzioso durante la visita guidata FAI. Babuk, neanche a dirlo, era il suo felino preferito, ed ora giace sepolto in un’urna cineraria da ormai diversi anni.
Ma la stirpe di Babuk non riposa estinta in quella manciata di cocci, pare infatti che un suo baffuto discendente passeggi ancora, schivo ed elegante, tra le fronde ombrose del giardino, come a proteggerne i segreti.
E insieme a lui una trentina di gatti che fanno da guardia a questa piccola e sconosciuta perla di Napoli.
Nel corso dei secoli il giardino di Babuk è passato di proprietario in proprietario nei modi più disparati (e disperati): è stato perduto con una mano sfortunata a poker, ha rischiato l’edificazione di una palazzina salvo misterioso fallimento della ditta un giorno prima di iniziare i lavori. E per finire è stato battuto all’asta.
Non so a voi, ma a me già tutto questo suona strano.
Nel frattempo passano i decenni, e il giardino rimane nascosto dietro un vecchio e anonimo portone di via Piazzi, a due passi dalla centralissima via Forìa. E quando l’attuale proprietario, il professor Oliviero, ha spalancato per la prima volta quel vecchio e arrugginito cancello, si è trovato davanti una boscaglia impenetrabile, trascurata e ostile a chiunque ne avesse calpestato la natura padrona.
Siamo nel quartiere Sanità, in quella che nel ‘700 era una tenuta di caccia che si estendeva fino al bosco di Capodimonte. È strano perché appena varcato il cancello e discesa l’antica gradinata in pietra, all’improvviso tutti i suoni e i rumori di una Sanità in festa domenicale si acquietano. Dubito che sia merito/colpa della sua ubicazione infossata tra i palazzi. Questo silenzio ovattato sembra proprio provocato da un interruttore messo improvvisamente su “OFF”.
So della colonia felina perché all’ingresso ci è stato raccomandato di non disturbarla e, anche se inizialmente non riesco a vederli fra gli alberi, sento di avere tutti i loro occhi addosso. Trenta paia di occhi che scrutano ogni mio passo, ogni mio movimento.
Cerco di non farmi troppi film e mi aggiro liberamente tra strane nicchie affrescate, limoni e faggi secolari le cui radici avvolgono tutti i segreti di questo fazzoletto di terra.
Sì, okay, la sto tirando per le lunghe, ma che tipo di segreti?
Turpi segreti.
In questo luogo sono sepolti i corpi degli infanti nati dagli stupri perpetrati nel 1799 dai soldati francesi a danno delle monache di un vicino convento. E poi, come una successione di sciagure, lo spettro del colera, gli echi delle urla di terrore sotto i bombardamenti della guerra, e i misteri esoterici di un enorme, profondo e buio ipogeo scavato nel tufo.
Altro che giardino incantato!
Che poi, a dirla tutta, non è propriamente quel tipo di giardino fiabesco e lussureggiante. Il giardino di Babuk è proprio spartano. Nessun colore a ingentilire la sua severa austerità. Mi domando se la cosa sia voluta, o se qui non attecchiscano fiori per protesta.
Ma dove diavolo conducono questi gradini?
La mia smania di fotografare particolari e scorci mi porta ad allontanarmi dal gruppo fin quasi a non sentire più la voce della guida. Infatti mi volto e non vedo più nessuno.
Sul mio viso si dev’essere impressa proprio una buffa espressione perché un giardiniere, spuntato dal nulla, sorridendo mi indica una porticina nascosta sul lato ovest del giardino.
Porticina un cavolo. Sembra la porta dell’inferno!
Mi affaccio e scopro una buia e pericolosa scalinata che sprofonda nel grembo della Sanità. Il buonuomo senza proferire parola mi indica di scendere.
E va bene, scendiamo.
I gradini consunti sono decisamente umidi, lisci e pericolosi. Sulle pareti sono scolpiti strani graffiti che scopro in seguito avere una valenza esoterica.
Gli esperti ancora non riescono a datarli con precisione e nemmeno a collocarli nella loro reale funzione storica.
Complice la suggestione della luce fioca, quasi mi viene da trasalire ad ogni elemento “classicheggiante” disposto ad arte fra nicchie e incavi nel tufo.
Credo che il resto del gruppo sia già di sotto perché man mano che scendo sento le loro voci. Ma ormai sono in ritardo sul percorso.
Quando arrivo nel punto più profondo sono già infatti spariti oltre i bui cunicoli di questo inquietante ipogeo.
Caspita, ma è un ambiente enorme!
E c’è un’energia così forte che la si può distintamente avvertire sulla pelle.
Quante storie, quante influenze legate al mondo pagano di una Napoli che è sempre stata al di fuori dal tempo e dal comune senso della logica.
Fin da quando visitai il Cimitero delle Fontanelle (a pochi passi da qui) ho sempre pensato che nella Napoli sotterranea il mondo dei vivi e quello dei morti convivessero con disarmante e sconcertante serenità.
La Sanità è a 40 metri sopra di me e mi trovo nel cuore di quella che un tempo veniva chiamata la Valle delle Vergini, una zona ricca di grotte naturali, cisterne e luoghi di culto.
Da cava di estrazione del tufo a cisterna, da rifugio antiaereo a luogo per incontri iniziatici: le pareti di questa caverna raccontano senza parlare la storia di Napoli dai tempi remoti fino ad oggi.
Mi affaccio all’interno di angoli e cunicoli ciechi scoprendo autentici tesori d’epoca lasciati nel periodo della Seconda guerra mondiale.
Bacinelle, bottiglie, una caffettiera napoletana, il tachimetro di una vecchia Fiat, un elmetto americano.
Ormai non ha senso raggiungere i compagni di visita, così proseguo l’esplorazione in solitaria. Rimango stregata dai segni così regolari lasciati degli scalpellini, e mi lascio guidare dagli isolatori in ceramica di un improvvisato impianto elettrico degli anni ’40.
Sono lì che rifletto sull’agilità dei pozzari mentre ammiro le “pedarole” incavate nel tufo, quando mi volto e noto uno specchio.
Ma che ci fa uno specchio quaggiù?
È chiaramente d’epoca e molto consumato dall’umidità, che qui sotto raggiunge percentuali molto elevate.
Proprio alle mie spalle infatti un gocciolio ritmico mi fa scorgere una pozza d’acqua nella quale quasi finisco per scivolare.
Ma è lo specchio ad attirarmi ora.
Sorrido alla vista dei disegnini anatomici maschili tracciati sulla sua superficie madida di condensa.
Senza pensarci mi allontano di qualche metro e gli scatto una foto.
La luce forte del flash riflette sulle minuscole particelle di umidità, e per un attimo mi sembra di scorgere un grosso e ben definito alone biancastro proprio davanti a me. Ah, che buontempone il mio cervello, sarà la suggestione, ma mi è sembrato di vederci una figura umana.
Scatto una seconda foto. Di nuovo quella “cosa”.
Ho un attimo d’interdizione.
Ma sì, è solo l’umidità.
E allora perché un velo di terrore mi abbraccia fino a gelarmi le ossa? Scatto una terza foto.
La luce del flash illumina qualcosa nell’aria. Sì, c’è qualcosa davanti a me che a occhio nudo non riesco a visualizzare.
Lassù qualcuno mi ama perché non ho nemmeno il tempo di sciogliermi dalla paura che la provvidenza fa riapparire il gruppo da un cunicolo laterale. Corro ad unirmi a quegli sconosciuti, quasi a cercarne la protezione. Ma che stupida.
La guida stava parlando di alcune iscrizioni sulle pareti, a testimonianza del terrore vissuto dai rifugiati durante i bombardamenti aerei. Avrei tanto voluto vederle, ma non me la sono sentita di avventurarmi nuovamente da sola.
Una donna, evidentemente ancora provata dalla pericolosa discesa, solleva la questione sicurezza, a cui prontamente la guida replica con un laconico: “Ha ragione, quaggiù neanche i gatti ci vengono“.
E ci credo! Adesso mi è anche chiaro da cosa debbano proteggere il giardino! Intasco il cellulare definitivamente e stavolta mi incollo al drappello di visitatori.
Ho la testa piena di interrogativi. Tra un pensiero ossessivo e l’altro non riesco a seguire le spiegazioni, ma le mie orecchie filtrano lo stesso alcune parole: “simboli esoterici”, “confraternite segrete”, “Dio Mitra”, “presenze misteriose”.
Basta, mi manca l’aria, non mi va di sentire altro.
Abbandono anzitempo la visita guidata e volando mi arrampico su per i 90 gradini che mi separano dalla superficie. Faccio quasi fatica a farmi largo tra la folla del successivo gruppo di visitatori, ma finalmente esco dal giardino di Babuk e lascio la Sanità.
Fuori dal giardino di Babuk
Che bizzarra sensazione: sono senza fiato, eppure riesco finalmente a respirare.
Ma è in metropolitana che per la seconda volta il sangue mi si gela, nonostante i 30° C di un insolito ottobre napoletano. Mentre scorro le foto sul cellulare in attesa di arrivare alla fermata di via Toledo, il mio cuore si ferma sullo scatto che ritrae lo specchio. Nell’inquadratura compare anche quella “cosa”.
Non un riflesso. Non l’umidità. Non uno scherzo della vista. Quella cosa era proprio davanti a me, a pochi passi dal mio cellulare!
Per fortuna ecco la mia fermata.
Mentre riemergo da quella che viene definita la stazione metro più bella d’Europa, cerco di mischiarmi tra la folla domenicale di via Toledo. Fa un caldo tremendo, ma sono contenta di non essere più là sotto. Senza volerlo mi dirigo verso l’ingresso della funicolare che porta su a San Martino. Ho voglia di salire in alto, e di mettere più metri possibili fra me e il sottosuolo di Napoli.
Finalmente.
Finalmente da quassù la città sembra quasi rassicurarmi. C’è una coppia di turisti stranieri di fianco a me, sul Belvedere. Mentre scatto alcune foto allo splendido panorama, li sento parlottare e mettere insieme due parole che nella stessa frase suonano assurde, per non dire ridicole: “Dracula” e “Napoli”.
Mi metto sfacciatamente ad origliare, e quello che sento mi desta come uno scossone da questo brutto torpore. Li sento parlare di “un antico convento a Napoli in cui riposa il Conte Vlad”.
Sono scoppiata a ridere senza ritegno, ma per fortuna i turisti non hanno notato la mia completa mancanza di rispetto. Erano così intenti a sbirciare la mappa della città che sembravano non curarsi di altro.
Eppure c’era qualcosa di talmente convincente nelle loro espressioni che sono riusciti a spegnere letteralmente il mio stupido sorriso incredulo. Ricordo solo di aver pensato di essere a Napoli, caspita, una città in cui davvero può capitare di tutto.
In poco più di 30 minuti sono nuovamente giù nel centro storico di Napoli, esattamente nel convento di cui discutevano quei turisti. E quello che mi trovo davanti ha dell’incredibile.
Sembra che questa strana domenica di fine ottobre debba ancora avere un epilogo. Ma questa è un’altra storia.
Te lo devo proprio dire: leggendo il tuo racconto mi è sembrato di ritrovare Dino Buzzati, uno dei miei scrittori preferiti, con quel senso di paura, di qualcosa che deve accadere tutto il tempo! Non cercherò di convincerti di nulla sull’alone perché io ho un’unica risposta e coincide con la tua
E dire che ero convinta che i protagonisti fossero loro: i signori gatti. Certo, in qualche modo lo sono, anzi sotto sotto credo che quei gatti non siano lì per caso. Comunque voglio dirtelo: io nemmeno morta mi sarei staccata dal gruppo! Mentre scendevi nel cunicolo immaginavo che di lì a poco un gatto sarebbe saltato fuori con un classico “meoowwwwwwwww” per farti saltare in aria dallo spavento ed invece era altro.
E poi quell’abbraccio freddo addosso con 30 gradi fuori??
No, Daniela. A me il giardino di Babuk non mi vede nemmeno morta!
Wow che complimentone Simona, non lo merito questo accostamento! *_* Guarda io più riguardo quello scatto e più mi sciolgo dalla paura “a posteriori” e ci mancava davvero solo il gatto che mi balzava addosso…infarto assicurato! Mi sentivo tranquilla perciò ho gironzolato liberamente lì sotto ma col senno di poi come dici tu nemmeno morta 😀 😀 😀
Grazie davvero per aver letto fino in fondo! <3
Wow…sono ancora qua che mi sto cag…ehm…me la sto facendo sotto! Ma che cacchio…quella foto è TRE-MEN-DA. Sai che una volta ci è successa una cosa simile? O meglio, non è stato tramite una foto, ma soltanto un istante in cui il tempo fugge via ma lo sguardo rimane atterrito, sconvolto, nel dubbio che rimarrà per sempre se ciò che ha percepito era realmente quello che il cervello ha identificato con il primo pensiero…ma suvvia, gli spiriti esistono, inutile nascondersi dietro finte spiegazioni scientifiche, è così. E fortunatamente non sempre si mostrano con cattive intenzioni, almeno io credo.
Comunque…
e cerco di ricompormi…
Il Giardino di Babuk è un luogo davvero singolare, non c’è che dire! Non potrei mai portarci Kiki perché ha un’avversione per i gatti che non ti sto a spiegare, ma da solo un giretto perlustrativo ce lo farei volentieri, anche se non so se seguirei “quel buonuomo” come dici tu negli inferi….ahahahah….vabbè, ridiamoci un po’ sopra, ma Dani…i tuoi racconti del 31 ottobre colgono nel segno, te lo posso assicurare!
Adesso sono curioso di scoprire la storia del Conte Vlad…
Un abbraccio…fantasmagorico!!!! ;-*
“Signore, ciò che avevate è ciò che da noi viene definito fantasma iterativo non terminale o vapore a erranza di quinta classe. È uno di quelli cattivi!” ahhaahah scusa la mitica citazione di Ray dei Ghostbusters 😉
Io spero che non mi si prenda per cazzara…quella foto è stramaledettamente vera! Come pure la paura che ho provato in quell’istante. E infatti ti credo benissimo sulla sensazione percepita dell’episodio a cui alludi. A proposito devi raccontarcelo magari l’anno prossimo puoi arricchire la collection con un tuo racconto! 😉
Ma nooooo che mi dici, Kiki non ama i gatti? Non è possibile, secondo me nel suo animo alberga una vera gattara ma non lo vuole ammettere 😛
Essì praticamente alcuni studiosi estoni ritengono fondata l’ipotesi che quella sia la tomba di Vlad…ma non svelo altro 😉
Ti ringrazio Ale, un abbraccio fantasmagorico anche da parte mia…però senza lasciarti addosso quella robaccia di Slimer 😀 😀 😀
Sarà un caso che appena ho cominciato a leggere questo tuo bellissimo racconto del 31 ottobre il mio micione mi sia saltato in braccio, abbandonando addirittura la sua comoda poltrona?
Anch’io credo che i gatti in qualche modo ci proteggono… Prendi ad esempio il mio, che qualche maledetto ha abbandonato nel nostro giardino ormai anni fa, è comparso nella mia vita alla vigilia di una serie di rivoluzioni e evoluzioni personali, anche se all’epoca ancora non potevo saperlo…
Quando ho letto “giardino segreto di Napoli” non mi sarei mai aspettata un viaggio ipogeo, e già questo basterebbe per rendere il tuo racconto originale.
Ma poi ci sono gli elementi classici (la statua del bimbo mi ha messo i brividi perché le venature del marmo erano fatte fin troppo bene), i reperti bellici insieme agli oggetti di uso comune che non si capisce perché stiano là sotto e poi, l’elemento che forse più di tutti cozza e per questo è il più disturbante in assoluto: lo specchio.
No davvero, ma cosa diamine ci fa?! Chissà di chi era… Ma di certo la proprietaria era talmente vanitosa che non ha resistito davanti a una macchina fotografica
Ti mando un abbraccio tutt’altro che freddoBuona festa!
Ommioddio Alessia dici che fosse la proprietaria dello specchio quella cosa evanescente nell’aria? Non lo sapremo mai ma di certo come dici tu è decisamente disturbante trovarsi uno specchio a tradimento lì sotto! Nemmeno io sapevo dell’ipogeo, è stata una vera sorpresa che ho scoperto sul posto. Napoli è strana e ti sorprende (in positivo e in negativo) quasi ad ogni metro.
Che caro il tuo micione che ti è saltato in braccio mentre leggevi! E che bastardo invece quello che l’ha abbandonato nel tuo giardino. Però vedi come tutto torna? A posteriori ti sei resa conto che è comparso in un momento preciso della tua vita. Forse è proprio vero quello che si dice sui gatti.
Ti abbraccio anch’io Alessia e grazie per i complimenti!
Vi auguro di guarire presto! 😉 <3
Pensare che ho cominciato a leggere con serenità, intenerita dalla foto del gattino…per poi finire con i brividi! Non solo le parole, ma anche le foto sono deliziosamente inquietanti, ti fanno abbandonare la razionalità e creano misteriose suggestioni. Questi racconti di Halloween creano dipendenza! Un abbraccio! :-*
Grazie Serena! E pensare che non era questa la location di cui volevo raccontarvi quest’anno! Come si dice era un piano B…con l’altro racconto non vi avrei fatto dormire stanotte, lo affermo con estrema e assoluta certezza! 😉 Spero di avere presto l’autorizzazione per entrare in quella “casa” così da raccontarvi la sua storia!
Comunque è vero, il giardino mette tanta inquietudine, per non parlare del “sotto” e di quei segni sulle pareti.
Ti abbraccio anch’io anzi mando un abbraccio grande a tutta la tua Genova 🙂 <3
A me questi giardini un po’ trasandati, nascosti nel centro di una città e con una storia travagliata alle spalle incutono un timore non indifferente. Prima di tutto per il cambiamento repentino: fuori caldo e rumore, dentro quasi sempre fresco e silenzioso (ed è un silenzio molto sinistro). Poi arriva la statua del bambino e ti giuro che ho pensato: adesso parte la foto animata e la faccia si volta a guardarmi. E mi è preso un coccolone, per usare un termine tecnico… Alla menzione dello specchio poi mi è venuta una pelle d’oca che non ti dico perché gli specchi nei posti dove uno specchio non serve a nulla sono qualcosa di terrificante, più di una bambola di porcellana. Alla foto con l’alone poi sono praticamente morta. Ho sentito tutto il freddo, la salivazione a zero e il battito accelerato, come se fossi stata lì con te. Io da sempre sono convinta che i gatti proteggano le case e i loro umani e questo episodio mi rende ancora più sicura: i gatti proteggono le persone che vivono/transitano nel giardino e nella casa.
Se questa notte non dormirò sarà colpa tua e di questa atmosfera da Edgar Allan Poe che hai saputo creare
E’ vero, più di una bambola di porcellana hai ragione! Tra l’altro so che in questo giardino si tengono pure degli incontri letterari, pensa che atmosfera che si viene a creare durante la lettura o la presentazione di un testo!
La foto animata ahahahahhaah mammamia sarei morta io per prima durante la stesura del post 😛
Ti ringrazio per i bellissimi complimenti ma dai Poe non si tocca 😉 e spero che tu abbia dormito serenamente stanotte! <3
Invece io mi sono addormentata pensando a quella sorta di varco per gli inferi di cui hai raccontato tu, mi hai messo troppo il tarlo di vederlo di persona!
Buona serata e grazie ancora Silvia 🙂
Che coraggio Orsa, io a quel gruppo, qualunque fosse la sua formazione, ci sarei rimasta attaccata con tutte le forze! Non oso nemmeno immaginare la strizza nel vedere quell’immagine comparire nello schermo…poi così vicina allo specchio!!! Comunque adesso siamo curiosi di sapere quale dovesse essere il racconto protagonista!!! ma solo se non fa davvero troppa paura, please!
Ciao ragazzi! *_*
Nonostante la fifa del momento per fortuna mi sono accorta dello scatto solo “dopo” in metropolitana e al sicuro hahahah!
Intendete la storia di Dracula a Napoli o proprio le vicende del giardino di cui ho solo accennato?
No perché nel caso farebbero paura entrambe 😛
Grazie! Vi abbraccio forte fino in Australia! <3
Racconto perfetto per la passata notte… Mi prendevo cura di un micio libero. Diciamo che lui aveva me invece del solito contrario. Una volta ebbe problemi di salute e, con suo grande malcontento, lo tenni chiuso in casa convalescente. Eravamo sul divano e d’improvviso prese a fissare un punto del soffitto che a casa mia é molto alto e color mattone. Mi passarono lunghi e freddi brividi ma alla fine si trattava solo di un geco-neonato da un paio di centimetri. Questo par dire che forse e per fortuna é facile e fascinoso attribuire al soprannaturale ciò che non riusciamo a spiegare. Buona giornata!
Ciao eri finito nello spam scusami ti ho recuperato subito 🙂
Ma infatti non per niente le chiamo giacobberie 😉 Tuttavia quanto è affascinante attribuire agli occhi di un gatto il potere di vedere “cose” che non siano innocui gechi o moscerini? 😉
Comunque la regola è proprio quella del contrario: non siamo noi a possedere i gatti ma sono loro a possedere noi.
Ti ringrazio tantissimo per aver letto, buona serata!
Sono “molto facilmente” impressionabile, i gatti li amo, ma solo da lontano (come tutti gli altri animali più piccoli di un leone) e mi faccio sotto pure se Aramis entra nella stanza senza bussare…ma io in questo giardino ci voglio andare!!!!
Ecco, magari dimentico per un po’ questo racconto e non mi porto nemmeno il cellulare…
… e se poi devo chiamare qualcuno urgentemente?
Facciamo così: non ci vado!
😀 😀 😀 allora un walkie talkie potrebbe andar bene…sempre se lì sotto prende e non viene disturbato da “frequenze anomale” 😛
Ma come ti spaventi?! 😀 Immagino quante volte Aramis sia entrato di soppiatto gridando BOOOH! In caso non fosse così non gli mettiamo la pulce nell’orecchio 😉
Buona serata e un bacione alla “zucchina” <3
Inquietantissimo il giardino di Babuk e splendido il racconto, complimenti! Fortunatamente ho letto questo post a mezzogiorno con l’appartamento pieno di luce, altrimenti penso me la sarei fatta sotto ahah scherzi a parte, si può visitare sempre il giardino di Babuk o è solo per giornate FAI particolari? Mi piacerebbe molto andarci!
Ciao Giulia! Si solo in occasioni particolari tipo le giornate FAI oppure in compagnia di alcune associazioni culturali di Napoli…alcune delle quali esaltano l’aspetto esoterico ancora di più! Oppure in alternativa si può contattare il proprietario per un eventuale appuntamento. Da quello che ho letto è davvero disponibile, una persona di grande cultura, cortese e d’altri tempi: già che si prende cura di 30 gatti per me è TOP! *_*
Grazie mille Giulia, un abbraccio!
Dani … Sono in hotel. Da sola. Sto pure maluccio. E tu avevi promesso che non faceva paura. Avevi proprio promesso! E io mi sono fidata! Chi cavolo la spegne la luce adesso?
Sei unica! Io non so come riesci a trovare questi luoghi tanto magici, misteriosi e persino inusuali. Ma hai un sesto senso fuori dal comune! Non solo hai il merito di promuovere visite fuori dai soliti circuiti, bellissime. Ma hai anche la capacità di far correre brividi freddi lungo la schiena di chi ti legge. Ma…hai mai pensato di raccogliere tutti questi racconti in un libro? Perché io onestamente lo acquisterei di corsa. Anche se per leggerlo (stavolta col cavolo che mi freghi), dovrei attendere di essere a casa vicino a Daniele.
E vorrei anche conoscere il seguito di quella giornata ma, ti prego, non farmi aspettare i prossimi #raccontidelcagotto! Sono curiosissima!
Complimenti di cuore Dani, anche se in questo momento mi preoccupo assai per la notte che mi aspetta .
Comunque voglio parlare con te di quella foto. Ammetto che non riesco a soffermarmi per osservare nel dettaglio, mi mette ansia. Mi daresti la tua descrizione?
Vorrei dirti che ti abbraccio…ma hai messo in crisi la notte di una povera malata, quindi…
Bacioni!
Claudia B.
Claudia quando mi hai scritto eri in hotel in Puglia…ed ora ti rispondo che sei nuovamente in hotel. In Puglia!! 😀
Mi dispiace per aver turbato il tuo sonno ma dai hahahahah non è proprio un post stile Dario Argento…o anche Asia Argento 😛 Non è che abbia un sesto senso è che me li vado proprio a cercare! Settimane e settimane di ricerche per questo momento dell’anno che ho scoperto che ormai aspettate tutti con ansia! E la cosa mi fa piacere perchè adoro le incursioni in posti “infestati” 😉 Tra l’altro ho scoperto che spacciano in giro maledettamente il mio racconto sul convento, che gente carogna!!
Descrizione? No no no dai è escluso! Sono sola in casa, Orso è fuori per lavoro O_O
Malata? No leggo solo ora! Spero ti sia ripresa un bacione! :**
Mamma mia che ansia mi hai messo quando sei scesa per quelle scale. Mentre ti scrivo i miei occhi vedono ancora quella sagoma bianca…. “non è vero ma ci credo”, men male che non ti ho letta la notte dei morti. Non sarei riuscita a dormire solo che ora devo andarci pure io lì. Da buona scorpione sono attratta da sotterranei e apogei. 😉
Ho salvato il tuo post per il mio prossimo ritorno in Patria ma tanto lo passo ai miei genitori, sicuramente ci andranno. Grazie ancora di questa chicca napoletana.
Buona giornata.
Si Lilly quelle scale sono state ancora più ansiogene del resto! O_O Scivolose e con la pedata da cenerentola! Quindi di ai tuoi boss di mettere le scarpette comode quando andranno! 😉
Grazie Lilly, buon fine settimana! :*
Mi sono appuntato il nome di questo giardino giusto per essere sicuro di non entrarci per sbaglio durante un’eventuale futura visita della city partenopea. Il tuo racconto potrebbe fare da copione per un film di Dario Argento. Adoravo i suoi film da ragazzo. Ora con la maturità mi c…o sotto dalla paura. Meno male che Luna è stata abbarbicata a me durante tutta la lettura infondendomi il necessario coraggio ad arrivare alla fine del post. Ps complimenti per il tuo coraggio. Io quelle scale non le avrei mai percorse!
Wow che complimento! Eh ti do ragione, la maturità oltre a portare saggezza ci trasforma da Indiana Jones in action a NON-in action hahahhahahah aridaje! 😛
Grazie mille Luciano! 😉
PS: mi piacerebbe fare un tour sulle location dei film di Dario Argento! 😉
Da oggi in poi non guarderò più il mio gatto nello stesso modo, sappilo! Ed eviterò anche gli specchi per un po’, giusto per stare tranquilli Suvvia, sono impressionabile ma anche tonta visto che leggo comunque questo tipo di racconti
Shining a parte, mi segno questo posto perché, proprio perché sono “de coccio”, sono certa che vorrei visitarlo nonostante la paura cagotto!
Gattara anche tu? Non lo sapevo! ^_^
Ma si Erica siamo proprio come le classiche “final girl” dei film horror: bionde, tonte e con la propensione ed essere ammazzate (per esigenze cinematografiche ovvio) 😛
Un abbraccio buon fine settimana! 😉
Orsa, in questo racconto mancava solo la bambola assassina!
Bellissimo, comunque. Mi ricorda vagamente il giro della Torino sotterranea, anche se questo di Napoli mi sembra decisamente più “pauroso”.
P.S. Io, nel dubbio, quella foto l’avrei cancellata dal cellulare ;o)
Subito! L’ho schiaffata su Google Drive e immediatamente cancellata dal cello 😉
Torino sotterranea? Interessante vado a googlare!
Grazie Marco! 🙂
Io non mi sono mai fidata dei gatti. Mi mettono ansia non posso farci nulla. Adesso sono ancora più sicura che i miei presentimenti erano fondati. Non conoscevo il giardino di Babuk e a dirla tutta non so se mai lo vedrò dal vivo. Inquietante? Da brividi? no, peggio. E la foto dello specchio non la voglio neppure guardare! Non so come tu abbia fatto a restare così calma quando ti sei accorta che il gruppo era già bello che andato. Io avrei gridato, così forte che credo tutta la colonia di gatti sarebbe scappata via dal terrore, lo stesso che avrebbero sentito nella mia voce. Qualche tempo fa pensavo di venire a trovarti per fare un giretto insieme, ma sai una cosa Dani, forse ci ho ripensato, i tuoi giretti sono troppo da paura!!!!
Un abbraccio forte anche se tremante! <3
Hhahah ma come ti mettono ansia? Hai provato a tenerne uno sulle ginocchia mentre fa le fusa? Guarda è meglio di una tisana, è meglio della Nutella, è meglio di centoeuro, è meglio di un viagg…eh no quello no! 😛
Ero calma perchè ogni tanto sentivo le voci in lontananza e poi sinceramente chi se l’aspettava il risvolto psico-horror 😀
Vienimi a trovare! Anzi visto che ho esaurito i posti strani nei miei dintorni, fammi sapere se da te ci sono “Luna Park” horror abbastanza scary da farci un reportage! 😛
Ti abbraccio buon fine settimana! 😉
Il mio pc ha deciso di piantarsi proprio sulla foto dello specchio. Proprio di fronte all’alone. A tutto schermo! No Maria, io esco! Sai che pensavo? Ovviamente non conosco come erano le luci nella stanza…però ho avuto l’impressione che uno, tra il riflesso sul vetro e l’alone, sia frutto del rimbalzo della luce sull’altro; non sono uno di fronte all’altro, ma di fianco… e l’inclinazione della rifrazione, non mi sembra molto naturale. Comunque quisquilie illuminotecniche a parte, ma che sei ciucca a scendere per le scale e girare per quei cunicoli abitati da sofferenze e paure? Io da sola: ma nemmeno se mi pagano, e generalmente non sono molto ficosa, anzi. E il bambino malefico all’inizio? Bambini e specchi sono una combo letale. Per qualsiasi cuore. Se poi all’esterno ci sono pure i gatti comunicatori con l’aldilà…. Via fammi spegnere che sennò io lo so come va a finire, il pc mi si rimpalla sul marmocchio e io muoro!
Madò che analisi scientifica della rifrazione! *_* Detta così sai che quasi fa meno paura? 😛 Guarda sis, che grossa verità che hai scritto: “cunicoli abitati da sofferenze e paure” niente di più vero e tangibile lì sotto. Quando ho ritrovato il gruppetto stavano proprio parlando di alcune scritte lasciate da chi si era rifugiato durante i bombardamenti, scritte in cui si poteva leggere la paura-diceva la guida. Però ora col senno di poi…paura della guerra o di qualcos’altro? O_O Maria esco pure io! 😉
Grazie Marghe, buona serata e scusa per la sincope al pc! 😛
Beh, che dire? Questo giardino proprio non lo conoscevo! Napoli è piena di posti che hanno una storia talmente profonda che si va in punta di piedi, quasi a non voler disturbare qualcosa che è lì da secoli. Come diciamo? non è vero ma ci credo. Comunque il video del gatto l’ho visto subito e credo che nessuno resisti alla tentazione! ahahah Sono posti che ti lasciano tanto e le occasioni speciali per visitarli vanno indubbiamente colte.
Incredibile che il tuo gatto ti sorprenda con quell’espressione subito dopo aver letto il racconto 😀 😀 😀
Nemmeno io ne avevo mai sentito parlare, è un luogo particolare gestito da una persona di cultura ancora più particolare 😉 Io ho approfittato delle giornate FAI ma ho letto che dietro appuntamento si può visitare sia giardino che ipogeo.
W i gatti! <3
PS: secondo me il tuo micio aveva puntato una qualche preparazione gastronomica di Annalù a base di alici 😛