UrbEx, una parola che suona come un farmaco, una medicina da somministrare a chi fosse affetto da una qualche irritante patologia.
E in effetti di male e di cura si parla. Il male di rimanere intrappolati nel passato abbandonato e volerne a tutti i costi cercarlo, esplorarlo, fotografarlo.
E la cura consiste nella spasmodica ricerca di vecchie dimore, fabbriche, edifici religiosi, stazioni, o interi borghi abbandonati capaci di sospendere nel tempo il povero ammalato. Noi che ci abbandoniamo all’abbandono, siamo soliti curarci con l’odore della muffa, con la polvere, con i frantumi di vite passate.
UrbEx è la crasi dei vocaboli inglesi Urban e Exploration, e fare UrbEx è una pratica nella maggior parte dei casi molto pericolosa, quasi al limite della legalità.
Perché fare UrbEx significa introdursi in luoghi abbandonati quasi sempre privati, pericolanti, infestati dai rovi, dagli insetti e spesso occupati dai senzatetto abusivi.
L’intento dell’esploratore urbano non è di occupare, rubare o, peggio, vandalizzare, ma semplicemente quello di esplorare e fotografare in maniera innocua e silenziosa: l’esploratore urbano non desidera altro che la polvere dei luoghi abbandonati sulle proprie scarpe.
Un’attività che se da un lato regala l’oblio a chi la pratica, dall’altro ha il nobile scopo di sottrarre dallo quello stesso oblio i soggetti fotografati.
Insomma uno scambio guaritore: regalare una breve scintilla di vita ai ruderi dimenticati, e in cambio nutrirsi di quello stesso oblio, senza limiti e senza regole, se non quella del “take only photo, leave only prints” (prendi solo immagini e lascia solo impronte).
- Trovare gli edifici abbandonati
- L’attrezzatura
- I rischi di fare UrbEx
- L’aspetto legale
- Le mie esplorazioni
Fare UrbEx: come trovare gli edifici abbandonati
Con un ottimo UrbEx radar.
Ovviamente scherzo.
Potenzialmente è possibile fare UrbEx in qualsiasi edificio abbandonato.
Dipende dall’interesse storico, artistico, se siete appassionati di misteri, di luoghi cosiddetti “infestati”, o semplicemente se siete in cerca dell’emozione regalata dalla storia vissuta.
Ad esempio c’è stato un periodo in cui erano molto in voga i manicomi abbandonati, indubbiamente luoghi ad impatto emozionale altissimo.
Alzi la mano chi non abbia mai subito il fascino della vista delle carrozzine, dei letti di contenimento, dei documenti abbandonati e dalle foto o dalle cartelle cliniche degli internati!
Poi ci sono i paesi fantasma, abbandonati per ragioni socioeconomiche, o per ragioni naturali in seguito a frane, smottamenti e terremoti.
Ma se manicomi e paesi fantasma sono ormai segnalati sulle mappe come punti turistici, ci sono invece luoghi come antiche dimore nobiliari, chiese in rovina, o basi militari dismesse, che sono fuori dai circuiti di massa, e meta di solitari esploratori che si passano le coordinate di voce in voce come una preziosissima informazione.
Ma come si fa a cercare un edificio abbandonato?
Questa è la parte che preferisco, perché a volte rappresenta una vera sfida. La cassetta degli attrezzi di un bravo UrbEx detective deve contenere pazienza, conoscenza del territorio, occhio, e tanta astuzia. L’alleato più prezioso è costituito da Google Map.
Infatti “sorvolando” città e località dall’alto, è possibile scovare con molta facilità edifici dismessi spesso grazie alla presenza spropositata della vegetazione, oppure grazie all’assenza di tetti e coperture.
Visualizzazione 3D di un ex sanatorio abbandonato. Screenshot da Google Maps
Lo stesso ex sanatorio fotografato col mio drone
Passando alla visualizzazione con Street View, laddove presente, è possibile confermare la scoperta.
Molto utili sono anche le agenzie immobiliari: spesso nel loro portafoglio sono presenti delle soluzioni interessanti sotto la voce “ruderi”.
E poi ancora i viaggi “lenti” in treno, o in autostrada, sono una fonte incredibile di spunti e avvistamenti. Godendosi il paesaggio (ovviamente se non si è dal lato guida), è possibile scovare un’infinità di edifici interessanti.
A volte anche malumori, denunce di comitati cittadini e articoli dei quotidiani locali possono sottintendere la presenza di edifici dismessi in qualche quartiere. Spesso e volentieri mi concedo una carrellata di notizie cercando alla voce “abbandonato/a”. Oppure una semplice carrellata su Instagram… negli ultimi tempi c’è stata un’esplosione di esploratori aspiranti influencer che spesso ingenuamente pubblicano le località visitate taggandole geograficamente.
E poi ci sono i grandi Urbexer, quelli che con le loro foto, e i loro reportage, ci fanno sognare a occhi aperti… e ci lasciano minuscole briciole da seguire per localizzare le loro scoperte. Vecchi calendari, ritagli di giornale, cartelli stradali, manifesti pubblicitari, profili montuosi o riflessi sbiaditi: tutto è utile alla caccia. Personalmente triangolo informazioni ricavate anche dal più piccolo particolare. Mi è capitato di incrociare alcuni dati tratti dai loro articoli, e passare qualcosa come tre mesi su Google Maps per localizzare una residenza nobiliare abbandonata sul mare.
L’ideale, almeno per me, sarebbe esplorare un edificio abbandonato avendo già acquisito le informazioni, in modo da immergersi completamente nei dettagli e nella storia. È bello sapere in anticipo dove guardare e cosa si sta esplorando in quel momento. Cosa che non esclude una documentazione più approfondita al ritorno. Non disdegnate la possibilità di parlare con i locali oppure una spedizione successiva tra carte e documenti originali d’epoca tra gli scaffali dell’Archivio di Stato locale.
Ma una volta adocchiato un edificio abbandonato interessante, cosa può tornare utile sapere? E soprattutto, quale potrebbe essere l’attrezzatura necessaria da infilare nello zaino?
Fare UrbEx: l’attrezzatura giusta per esplorare edifici abbandonati
Inutile dire che l’abbigliamento deve essere comodo, robusto e tale da consentirvi libertà di movimento, siamo all’ABC. Un casco, una lampada magari di quelle frontali per consentirvi di esplorare luoghi bui con le mani libere per scattare fotografie. Diverso è il discorso se state esplorando una fabbrica o un posto pieno di amianto.
L’ideale sarebbe evitare a prescindere, il rischio di mesotelioma è altissimo in quanto l’amianto sfaldato è quanto di più pericoloso esista per la salute. Ma se il richiamo UrbEx dovesse proprio essere irresistibile, dotatevi di tute e mascherine con filtri adeguati, di quelle per proteggersi dalle sostanze tossiche.
L’Urbexer professionista utilizza attrezzatura fotografica professionale: reflex, treppiedi, corpi zoom per fotografare in qualsiasi situazione. Non sarà mai la stessa cosa, ma io prediligo uno smartphone di fascia medio alta con un buon comparto lenti e con funzionalità tali da scattare foto decenti anche in assenza di luce. Io utilizzo Google Pixel 4A, ma ne sono perfettamente consapevole: nulla sostituirà mai una reflex!
Nello zaino non possono mancare una corda robusta e una bottiglietta d’acqua, utile anche per sbarazzarsi di polvere e detriti. D’obbligo scarpe alte alla caviglia per evitare, soprattutto d’estate, il morso di vipere o insetti. D’estate infatti l’attività degli Urbexer rallenta a causa della fitta vegetazione che spesso ostruisce completamente qualunque punto d’accesso, sia per le persone sia per i mezzi… è cronaca recente le fiancate della mia auto completamente rigate dai rovi durante l’attraversamento di uno stretto viottolo di campagna.
I rischi dell’UrbEx: come comportarsi all’interno di un edificio abbandonato
Parola d’ordine: ATTENZIONE.
No, non è banale e non è mai superfluo. Gli edifici abbandonati sono ammalorati, insidiosi e pieni di pericoli… non tutti sono urbex friendly.
A un solaio fatiscente basta un soffio per crollare su se stesso. Ecco perché non bisogna mai camminare al centro degli ambienti, ma muoversi lungo il perimetro delle stanze, laddove il sistema di travature dovrebbe essere più solido. In generale sarebbe saggio evitare situazioni compromesse che già a vista potrebbero urlare PERICOLO in tutte le lingue.
Ho rinunciato ad esempio a salire sul campanile di una chiesa abbandonata (c’erano ancora le campane) per via di una brutta lesione in uno dei punti di forza maggiore, questo nonostante la scala sembrasse assai solida. Mai, a questo proposito, esplorare un edificio abbandonato in solitaria.
Fondamentale è muoversi in gruppo e avvisare sempre qualcuno a casa indicando il luogo esatto in cui essere recuperati (dovuti scongiuri) in caso di ferimento. Perché sì, può succedere. Si può cadere, si può rompere un tubo dell’acqua, o peggio, del gas, si può essere esposti a sostanze tossiche.
Dunque attenzione, ma anche discrezionalità. Muoversi in silenzio spesso potrebbe salvarci da situazioni spiacevoli come l’incontro con persone che bivaccano, malintenzionati, spacciatori o anche una mamma cagna che sta proteggendo i suoi cuccioli. Io ad esempio ho avuto la strada sbarrata da un intero condominio di pipistrelli che ho accidentalmente svegliato aprendo una porta.
UrbEx e legalità: una pratica al limite
Questi i rischi fisici. E quelli legali? Esplorare un edificio abbandonato è sempre legale?
No. Ma… come dire… in alcuni casi è possibile fare i furbex.
Presupposto. Intrufolarsi in una proprietà privata senza invito costituisce di fatto una violazione dell’articolo 614 del codice penale. Tuttavia il rischio di commettere un reato (ed essere incriminati) è appeso a un capello. L’Urbexer non è animato da intenti delinquenziali, non vuole rubare, non vuole vandalizzare, vuole solo esplorare e fotografare lo stato di fatto.
Dovete sapere che la violazione presuppone intenzionalità, ossia la forzatura di una finestra, la manomissione di una porta, un cancello. Ma quando questi elementi sono talmente accidentati – e quasi inesistenti – da non dover necessariamente cadere nell’effrazione con scasso, dove finisce l’intenzionalità e dove inizia la buona fede? La questione è molto cavillosa e dipende da caso a caso. Anche se apparentemente assenti e disinteressati, la maggior parte degli edifici abbandonati ha da qualche parte dei legittimi proprietari. Ma se nulla ci ammonisce che il luogo sia vietato – come un cartello – la giurisprudenza non può davvero fare nulla, a meno che non si commettano ruberie e atti vandalici.
Gli alleati maggiori a supporto della buona fede dell’Urbexer sono costituiti proprio dai divieti… o meglio dall’assenza di divieti! Assenza di recinzioni, presenza di vetri rotti, porte divelte, muri e tetti squarciati, vegetazione padrona, cartelli sbiaditi, tutto ciò che ne indichi lo stato di abbandono. Tutti elementi che in caso vi becchino in fragranza, potrebbero, ma sottolineo potrebbero, costituire delle attenuanti.
In caso di edifici di proprietà demaniale sarebbe cosa buona e giusta avvisare le autorità, magari chiedendo direttamente il permesso per accedere. In molti casi sono presenti addetti, custodi o guardiani che saranno ben felici di scambiare quattro chiacchiere con voi.
La condotta. In ogni caso occorre sempre mantenere un atteggiamento pacifico e collaborativo, spiegare le motivazioni e le ragioni che ci hanno condotti in quel luogo. Durante la mia ultima esplorazione, aprendo il bagagliaio dell’auto per prendere il drone, mi è accaduto che un tizio si sia materializzato all’improvviso dal nulla urlandomi contro: “Guardare sì, prendere no” alludendo al bagagliaio aperto. Solo successivamente, notando il drone, si è tranquillizzato. Da lì è cominciata una chiacchierata, il tizio era una sorta di guardiano, e ho scoperto che mi stava tenendo d’occhio da lontano con un binocolo!
E se le cose dovessero andare male? Nella migliore delle ipotesi potreste essere portati in caserma per accertamenti, nella peggiore arrestati, ma a monte deve esserci sempre la denuncia da parte dei proprietari. Vedete, altro aspetto da considerare come attenuante, è il carattere di provvisorietà dell’esplorazione. La nostra intenzione non è di occupare né quella di esercitare un uso continuativo dell’immobile.
Ma noi in posti come questo non vogliamo metterci le tende, vero?
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