“Autostrada” e “abbandono”, due parole che affamigliate suonano sovente come un male deprecabile e sciagurato.
L’UrbEx quando ti prende lo fa risucchiandoti e incanalandoti nel suo senso unico di marcia. Puoi solo accelerare, andare avanti e volerne ancora e ancora.
Non è possibile tornare indietro, né invertire la marcia, esattamente come in autostrada.
È proprio da un’autostrada trafficata, che l’occhio vigile e allenato di chi ha ormai l’UrbEx radar, individua edifici interessanti come casali, abitazioni, chiese, fabbriche dismesse: luoghi in cui un tempo c’era vita. È così che scorgo questa graziosa dimora abbandonata sull’autostrada.
Sembra un gioco di parole, ma l’accesso si trova proprio sul ciglio autostradale.
Sono su un poggio che domina il mare alle porte della Divina Costiera. Accosto, scendo e mi immergo in un dolce abbandono vista mare.
La giornata è di quelle meravigliose, e mentre il mondo lì fuori è alla disperata ricerca di un tavolino libero per aperitivare prima dell’ennesima chiusura, io decido d’intrufolarmi in un rudere per godermi una vista privilegiata e solitaria sull’intero golfo.
Ho rischiato nell’ordine: una denuncia per violazione di proprietà privata, di rompermi il femore camminando su solai pericolanti, e di essere aggredita dai cani.
Ma l’UrbEx è proprio come il fumo: crea dipendenza e nuoce gravemente alla salute.
Come da abitudine ormai consolidata, prima di entrare in un edificio abbandonato, eseguo una rapida ricognizione esterna per escludere la presenza di eventuali anime randagie.
Una vecchissima scalinata in muratura sale sul tetto. Salgo, piano, un gradino alla volta. Mi sporgo, ma il solaio ormai cotto dal sole e parzialmente crollato, mi regalerebbe un sicuro viaggio in ortopedia.
Dall’alto l’edificio sembra un unico corpo, ma a guardar bene posso notare due nuclei separati, forse un’aggiunta successiva? Un ampliamento in funzione di un allargamento della famiglia?
Sono in balia di fantasticherie e mille domande quando vengo travolta da una sonora scarica di clacson. Sono troppo in vista, dalla carreggiata le auto di passaggio strombazzano ripetutamente, come ad avvertirmi del pericolo. O solo per salutarmi, chissà.
Così ritorno di sotto e, tra macerie e vegetazione, perlustro il perimetro della dimora abbandonata.
Mi concedo una rapida sbirciata attraverso le finestre. Vetri in frantumi e vecchi tendaggi svolazzanti rivelano l’intimità della camera di un bambino, a giudicare dal Pinocchio dipinto sulla parete.
Gli sfregi purtroppo denunciano il passaggio di qualche scellerato. Quale vile intenzione può armare una mano contro un graffito così delicato?
L’altra finestra mi regala scorci biografici ancora più concreti. Questa con la caratteristica volta a botte, sembra essere l’ala abitata più di recente, osservando la mobilia tipica degli anni ’70.
La porta d’accesso è sprangata, anche se evidentemente i vandali devono aver trovato il modo di violarla. Suppellettili e mobili sono sottosopra, rivoltati e oltraggiati senza rispetto.
Invece gli spazi liberamente accessibili (si fa per dire) sono sventrati e pericolanti. Ma io entro. Cammino lungo il perimetro evitando scrupolosamente il centro delle stanze, poi mi fermo in un angolo ad osservare l’ambiente più ampio della casa.
Le pareti sono tinteggiate con colori che un tempo devono essere stati assai vivaci. Tra le macerie spicca un’elegante scrivania in legno e -azzardo- una lavagna?
A ben guardare mi salta all’occhio la presenza di resti di tavoli ovunque. Piedi, gambe e pianali sparsi anche all’esterno, ne conto almeno 6.
È chiaro che questo era un edificio deputato ad accogliere e ospitare più persone.
Una scuola elementare, forse? O magari l’abitazione di un’istitutrice di campagna con annessa aula?
Cos’eri bella dimora che guardi verso il mare?
“Passa la nave mia colma d’oblio”
Bello ricamare sulle storie degli abitanti, ma ancora più bello è fantasticare sugli oggetti rievocandone la storia solo sfiorandoli, quasi una carezza, per non svegliarli dal secolare torpore.
Torpore di cui mi beo anch’io, immergendomi in un tale oblio di polvere, silenzi e frantumi che a momenti quasi mi assopisco… fino al brusco risveglio che ho in cucina.
Ma che splendida luce! Questa cucina pare aver nutrito corpo e anima, sollazzando stomaco e occhi di chi viveva qui.
L’azzurro sembra voler entrare in questa dimora di prepotenza: il cielo dagli squarci nel solaio in vecchie travi di castagno, e il mare dalle arcate del bel loggiato. Mi viene voglia di montare una di quelle amache Tropilex e restare qui a guardare il mare.
I porticati in muratura erano un grande classico dell’architettura rurale, un modo ingegnoso per rinforzare le mura degli edifici e donare luminosità agli ambienti. Inoltre gli archi a sesto ribassato assicuravano un po’ di fresco, alleviando le torride estati della vita qui in Costiera.
Vita per niente semplice, quella degli abitanti di questo paradiso in terra, uomini a metà tra contadini e pescatori, spesso alle prese con una sussistenza sudata e conquistata duramente.
E infatti se gli interni della dimora abbandonata sublimano il ricordo intimo della vita domestica, all’esterno invece la musica cambia.
Scopro la presenza di stalle e porcilaie ormai diroccate, piccoli depositi e rustici di sicura vocazione agricola, viste anche le coltivazioni sottostanti ancora floride e rigogliose. È proprio dal basso che mi giungono i latrati di un cane, e a ben guardare, le coltivazioni sul terrazzamento “si muovono”!
C’è un contadino che si aggira tra i filari di una vigna in compagnia del suo Fido (che abbaia minaccioso nella mia direzione).
Non ho voglia di beccarmi un cazziatone, così mi occulto in un cellaio, non senza districarmi tra rovi e arbusti.
E pensare che avrei potuto arrivarci “comodamente” da sopra, sprofondando dai solai marci…
Sarà stata anche una cantina ricca di libagioni e un prospero deposito agricolo, ma ora è un ambiente buio, umido e angusto. A prova di vandalo, insomma, come si evince dalla presenza di una botte enorme ancora intatta.
Poco più in là attrezzi per la torchiatura delle uve, accessori per vinificare, e poi questa enorme inferriata che proteggeva (o rinchiudeva) cosa?
Dopo l’esplorazione solitamente mi piace andare a caccia di notizie per approfondire la storia dei luoghi visitati.
Ma questa volta niente, troppo poco quel “civico 15” come unico indizio da cui partire.
Nessuna scoperta sul web, nessun cenno, nessuna memoria sulla storia e sulla funzione di questa dimora abbandonata sull’autostrada. L’unica certezza è il contesto rurale.
Quella sorta di vasca in muratura, al di là del cancello, potrebbe essere un palmento, cioè un trogolo, una vasca adibita alla pigiatura dell’uva e alla fermentazione del mosto, a conferma della presenza della botte.
Siamo abituati al cliché che attribuisce alla Costiera Amalfitana la fama di crogiolo di lusso, yacht, paparazzi e bella vita. Ma basta alzare lo sguardo appena sopra la costa frastagliata per demolire il triste stereotipo. La Costiera è un mosaico di limonaie, terrazzamenti di ulivi, viti: coltivazioni definite eroiche a causa delle asperità del territorio.
Asperità che l’ingegno dell’uomo ha saputo dominare e domare, assoggettandone il carattere ribelle con superiorità. E anche con garbo, devo dire.
I muretti a secco, le pergole e le vigne sembrano quasi dei merletti che impreziosiscono la Divina.
È qui che il vino assume un carattere di pregio e preziosità, quasi un tesoro maturato con la salsedine e il duro lavoro dei contadini/pescatori.
Ora mi torna. Ecco dunque spiegata la presenza di quel pesante cancello.
Nessun’altra spiegazione per tutto il resto, ma sono molti gli elementi che mi spingono a pensare che questa dimora abbandonata abbia avuto anche una vocazione “educativa”.
I muri colorati, un ampio passavivande, diversi attaccapanni, la lavagna e poi quel crocifisso, fino a qualche anno fa una distintiva e inconfondibile presenza per gran parte degli alunni italiani.
Ma sto divagando, forse ho respirato troppa polvere.
A cosa era adibita, dunque, questa casetta? E perché è stata abbandonata? Cosa nasconde, a parte un’intensa storia d’amore con il mare?
Prima di andarmene provo a chiederglielo, interrogando i suoi immensi e profondi occhi blu.
Ma so già che lui non me lo dirà mai.
L’edificio è fatiscente e inagibile, ne sconsiglio la visita.
Reportage realizzato senza violare divieti e nel pieno rispetto dello stato di fatto.
Ho lasciando solo impronte, ho prelevato solo immagini.
Penso proprio che tu abbia un radar, come hai detto: riesci a scovare posti che io non vedrei nemmeno se dovessi andarci a sbattere contro (tranne quando mi sono ritrovata sul cammino delle streghe di Pocapaglia un vecchio “ciabot” adibito a riparo di campagna). Secondo me quando sei stata a Chernobyl qualche sorta di influsso da luogo abbandonato è rimasto con te 😉
Impossibile non chiudere gli occhi e vedere quelle stanze prima dell’abbandono e della rovina, impossibile non immaginare la vita di chi ogni mattino si svegliava per accudire gli animali, preparare la colazione per i bambini. E con quella vista!
Chissà se al catasto comunale si possono reperire informazioni storiche di qualche tipo?
Grazie per questa bella gita nel tempo 🙂
Buona Pasqua!
Grazie a te per la compagnia! *__*
Uh ma è il contrario! 🙂 A Chernobyl ci sono voluta andare proprio per via di questa mia insana passione per gli edifici abbandonati, diciamo che la Zona è la Disneyland dell’UrbEx 😉
Sicuramente sì, ma non essendo proprietaria (che peccato) non credo che mi darebbero informazioni per via del discorso privacy. Non ci ho pensato ma vedo di scoprire se ho qualche conoscenza “tra le fila” degli impiegati catastali… ma senza chiedere informazioni TOP SECRET 😛
Grazie di cuore Silvia, auguro una buona Pasqua anche a tutti voi!
Bella la struttura – e peccato che, come al solito, certe vecchie case, storiche, siano abbandonate, quando andrebbero protette.
Devi scoprire però la funziona di quella strana cantina 🙂
Bella veramente, anche se le stanze che non affacciano sul mare sono un po’ inquietanti, devo ammettere che la vista di quel pinocchio all’improvviso mi ha un tantino disturbata 😀
Quello oltre il cancello deve essere quasi sicuramente un “palmento” (una vasca in muratura usata per fermentare il mosto). Il cancello aveva la doppia funzione di proteggere il mosto dai malintenzionati… e i malintenzionati dalle esalazioni del mosto stesso 😛
Appena ne avrò l’occasione m’informerò meglio, magari anche chiedendo alla gente del posto.
Grazie per la lettura 🙂
Questo richiamo, il radar come lo definisci, lo conosco bene. Certo che hai trovato una struttura fantastica. Un insediamento rurale (mi vien da pensare) con una veduta da urlo, perfetto per realizzare un’abitazione di lusso. Magari era la casa di un fattore che metteva a disposizione dei propri braccianti un’aula per i lori figlioli. Mi sembra strano. L’unico modo per scoprirlo è intervistare qualche anziano del luogo; sicuramente riusciresti a ricostruire il passato di questa abitazione
Sì, ricordo benissimo i tuoi reportage in quei paesini abbandonati post terremoto! La tua ipotesi non è lontana dalla realtà: anche se molto compromessa, la casa presenta finiture di pregio, dunque è molto verosimile l’amore del fattore per il bello e dunque per la cultura. Anche quella scrivania, a guardarla bene è sì semplice ma di valore, dunque penso a un padrone di casa a modo e con gusti raffinati.
Da quando l’ho visitata (a febbraio) non ho mai smesso di cercare notizie. Ora siamo rossi, ma appena si potrà ho intenzione di fermarmi nuovamente per approfondire.
Lanciamo un crowdfunding e compriamola tutti noi della travel community, ci facciamo un bel B&B dove B sta per Blogger! 😀
Ti ringrazio per la lettura Fausto!
Orsaaaaaaaaa, continuo a non ricevere avvisi, uff!
Devo dire che il tuo UrbEx radar è fenomenale! Certo, tremo ogni volta leggendo le prove che hai dovuto superare durante le tue perlustrazioni ma è talmente un piacere girare con te virtualmente in un mondo che fu!
Sai che non riesco nemmeno ad immaginare come si possa abbandonare una dimora con una vista così? Mi sembra di vederla nei suoi giorni più belli in una bella giornata primaverile.
Siccome il mare tace, anche io, come suggerito da Fausto, cercherei di carpire i segreti di questo luogo così suggestivo da qualche anziano del luogo.
In attesa di nuove scricchiolanti avventure, ti auguro buona serata cara Daniela!
Simona sapessi quanto scalpito, sembro un cavallo ai box di partenza: sulla mappa ho delle X su cose pazzesche che farò mie appena diventeremo gialli 😀 Il motivo dell’abbandono secondo me è proprio l’autostrada, è veramente così “azzeccata” alla casa che a momenti dal finestrino dell’auto in corsa puoi guardare distintamente nelle finestre. Purtroppo sono tempacci, la proverbiale apertura degli abitanti di questi luoghi è messa a dura prova dalla pandemia… quando ho visto quell’agricoltore mi sono defilata, ma la prossima volta faccio la faccia tosta e tento un approccio 😉
Il mare non mi parla perché sa che a lui preferisco la montagna hahahhhah 😛 Grazie per la compagnia, Simona! Vi tengo aggiornati! 😉
Devo dire che nonostante sia un luogo abbandonato e decrepito, ha un certo fascino. Il suo essere decadente contrasta con la bellezza del paesaggio ma soprattutto con la vista sul mare che è davvero qualcosa di magnifico. Certo che acquistarla, ristrutturata e farne una villetta con vista (o magari una struttura d’accoglienza) potrebbe essere un’idea non proprio astrusa.
P. S. Non ricevo le notifiche di nuovo post pubblicato
Magnifico, eh? 😀 Credo che il fascino sia dovuto anche all’influenza della Costiera Amalfitana, praticamente a una manciata di chilometri di distanza. È incredibile come questa casetta se ne stia lì, ignorata da tutti, nonostante sia ben in vista e posizionata su un luogo trafficatissimo!
Lo so Luca, grazie mille per la lettura 😉
Ma lo sai che me ne potrei proprio innamorare? È stupenda questa casa. Mi ci rivedo in terrazza a godermi un caffè sul mare, nelle stanze fresche d’estate, a scoprire segreti nell’antico palmento…
E non posso farne a meno: la rivedo messa a nuovo e pronta per una nuova stagione.
Un pensierino ce l’ho fatto anch’io, non lo nego. Il mare con questa luce ha un potere ipnotico, ne ho subito il fascino io stessa, però vuoi mettere sorseggiare un caffè osservando la drammatica bellezza di un cielo plumbeo e tempestoso? Se riesco mi piacerebbe fotografare quella vista anche durante un temporale… nella speranza di non rimanerci sotto 😛
Grazie per la lettura, Benedetta 🙂
Ancora niente mail da Orsa 🙁
Che vista da quelle arcate e da quel terrazzino, e che luce abbagliante!
Certo che, ragazza mia, tu questi luoghi fatiscenti e misteriosi… li vai proprio a cercare con il lanternino!!! 🙂
È che mi spasso un mondo sulla mappa a cercare ruderi. E poi il “pregio” di parlare poco mentre sono in auto, o a bordo di un mezzo pubblico (quando si poteva), mi permette di osservare il paesaggio con molta attenzione 😉
Chi viveva qui era decisamente una persona contenta!
Grazie per essermi venuta a trovare, Elena :*