Superati i primi cinque minuti di apnea per lo stupore, vengo sopraffatta dalla tentazione tutta infantile di soffiare, soffiare per sollevare quel sottilissimo velo bianco.
Un velo talmente realistico da sembrare vero.
E quando la vista si abitua completamente alla penombra, mi accorgo che quello che sto fissando incredula non è un sudario, ma un virtuosismo irripetibile di panneggi scolpiti nel marmo.
Un unico blocco di calcare capace di zittire un’intera scolaresca che soltanto pochi secondi prima schiamazzava rumorosamente.
Incredibile come i tesori di Napoli abbiano la capacità di accendere violente fiammate emotive.
Sono poche le opere in grado di farlo con prepotenza. E il Cristo Velato è proprio questo genere di creazione ispirata.
Non si può non essere travolti dalla sensazione di serena liberazione dal dolore che quel velo così morbido e perfetto lascia intendere.
Sì, credo che lo scalpellino dell’artista abbia “liberato” il Cristo dal dolore, liberandolo al tempo stesso da un anonimo e freddo blocco di marmo.
Giuseppe Sanmartino ha scolpito nel 1753 una incredibile post crocifissione consegnando alla storia dell’arte mondiale un Gesù a grandezza naturale dai tratti bellissimi, dove la “misericordia” di un velo così delicatamente deposto, sembra quasi voler rassicurare che egli non abbia mai sofferto.
E infatti la sua espressione è così tranquilla, dolce e finalmente così distesa che, passatemi la divagazione, anche le ferite di mani e piedi sembrano aver ritrovato la pace. Eppure quella vena sulla fronte ancora gonfia pare voler prepotentemente suggerire che lì sotto ci sia ancora vita.
Non sto esagerando, ma l’emozione – quasi commozione – che suscita questo capolavoro è davvero molto potente, ve lo dice una persona non credente.
La trasparenza “bagnata” del velo è talmente verosimile che continua ad avvolgere tutti in un incredibile alone di mistero.
Non mi stupisce come nei secoli abbia generato leggende su leggende. Io stessa mi sono sorpresa a fissarlo nell’attesa di vederlo sollevarsi e riabbassarsi al ritmo di un leggero respiro.
Visitare il Cristo Velato Cristo Velato di Giuseppe Sanmartino
È una splendida giornata di sole e Napoli brulica di turisti e cittadini indaffarati per le vie del centro storico.
Per un attimo le bancarelle colme di libri di via Port’Alba rubano la mia attenzione, ma cerco di resistere, così come resisto stoicamente a vetrine colme di babà in tutte le fogge.
Mi accorgo che sto correndo troppo, ma l’entusiasmo di vederlo è tanto.
Non vedo l’ora di ammirare l’opera per cui Canova avrebbe felicemente dato via dieci anni della propria vita pur di gloriarsi della sua paternità (cit.).
Quando imbocco Via Raimondo de Sangro di Sansevero per visitare il Cristo Velato, scorgo in lontananza un serpentone di visitatori in fila, nonostante fosse mattino presto di un qualunque lunedì.
Mentre prendo posto in fila tento di ingannare l’attesa lavorando dal mio smartphone (noi, maledetti e disperati freelance), quando un ragazzo di colore afferra il suo bongo e si sfrena sulle note di waka waka di Shakira.
In un attimo il triste serpentone di studenti e turisti si trasforma in un allegro siparietto da varietà che riecheggia per tutto il vicolo.
Si okay bello, ma state rovinando il pathos!
Per fortuna il tutto dura poco, finalmente è il mio turno.
Entro.
Visitare il Cristo Velato: l’esperienza
Nella Cappella Sansevero si rispetta un rigoroso silenzio, gli smartphone vanno spenti o messi in modalità silenziosa. Ma non occorre che gli addetti ci ragguaglino sulle regole, tutti sembrano istintivamente conoscerle ed applicarle all’istante.
Una volta tanto il divieto di scattare foto diventa una piacevole occasione per godersi la visita.
Già, la visita!
Definirla una mera visita è decisamente riduttivo, perché varcare la soglia della Cappella Sansevero, abituare gli occhi alla penombra e avvertire sulla pelle questa strana alchimia beh, io piuttosto la definirei un’esperienza.
Perché se è vero che la star di questo luogo è il Cristo Velato, basta guardarsi intorno per capire che c’è dell’altro.
L’atmosfera all’interno di questa Cappella è decisamente inusuale: qui dentro il sacro si mescola al profano e la scienza va tranquillamente a braccetto con la spiritualità, l’esoterismo e la massoneria.
Ma chissà perché non mi meraviglio più di tanto, d’altronde siamo nel cuore di Napoli, dove tutto questo è straordinaria e ordinaria vita quotidiana.
Lo stesso velo infatti per oltre due secoli è stato ritenuto un prodigio alchemico compiuto da Raimondo di Sangro Principe di Sansevero, committente dell’opera e padrone della Cappella.
La sua fama di alchimista, massone e uomo illuminato, ha alimentato miti e leggende sulla sua singolare attività di mecenate sperimentatore.
Si dice che il sudario fosse stato deposto sul Cristo solo ad opera compiuta, e che questo strano Principe avesse “marmorizzato” le trame del tessuto grazie alle sue conoscenze alchemiche.
Addirittura per sfatare questa diceria sono stati scomodati fisici, storici e accademici. Gli studiosi delle epoche successive furono “costretti” a tirar fuori atti e documenti per spazzare via ogni ragionevole dubbio.
Ma le leggende si sa, si alimentano e vivono di vita propria, e nonostante le constatazioni obiettive, il mistero che orbita intorno al Cristo Velato e alla figura di Raimondo di Sangro, resiste ormai da secoli.
Ma chi era Raimondo di Sangro?
Non ho potuto fare a meno di chiedermelo durante tutta la permanenza in questo suo “santuario”.
Raimondo di Sangro il Principe e alchimista maledetto
Nonostante siano passati oltre due secoli dalla sua morte, ancora oggi c’è chi al solo suono del suo nome si fa il segno della croce.
Raimondo di Sangro, settimo Principe di Sansevero e Primo Gran Maestro della Massoneria napoletana, è l’uomo che ha donato al mondo la Cappella Sansevero con il Cristo Velato.
Un mecenate illuminato che tuttavia il popolino di Napoli considerava come uno stregone diabolico, una sorta di Faust senza pietà e senza Dio.
Pare che la già fervida immaginazione del popolo napoletano settecentesco venisse ulteriormente alimentata da un mix di sinistri rumori, lampi infernali e nauseabonde esalazioni sprigionate dai laboratori sotterranei del suo palazzo. Palazzo che tutt’ora è proprio accanto alla Cappella.
Si riteneva che all’interno di quei sotterranei, nel segreto della notte, Raimondo di Sangro padroneggiasse “i più riposti segreti della natura”.
Che rapisse dei poveri sventurati per utilizzarli nei suoi esperimenti.
E che uccidesse religiosi e cardinali per costruire comode poltrone con ossa e pelli.
E per tornare sul tema del Cristo Velato, è convinzione comune che avesse ipnotizzato il povero scultore Giuseppe Sanmartino con l’aiuto del diavolo, per poi accecarlo ad opera ultimata per impedirgli di replicare un capolavoro simile.
Questi ed altri misfatti spaventosi, tra cui la capacità di immergersi nelle profondità del mare con la sua carrozza o la “leggenda nera” riportata anche da Benedetto Croce, secondo la quale il Principe uccise due suoi servi per imbalsamarne il sistema circolatorio con un liquido di sua invenzione.
Leggenda o verità, sta di fatto che due corpi imbalsamati, un uomo e una donna, furono scoperti dopo la morte del Principe nella cripta della Cappella!
La morte del Faust napoletano
Da qui a generare la fama di diabolico alchimista è stato un attimo, ma la leggenda più incredibile è quella che riguarda proprio la sua morte.
Il Principe di Sansevero morì il 22 marzo del 1771.
La storia ci dice che molto verosimilmente morì nel laboratorio durante uno dei suoi esperimenti a causa dell’inalazione di qualche composto tossico.
La versione popolare invece afferma che quando il Principe fu ormai prossimo alla morte, ordinò ad uno dei suoi schiavi neri di tagliarlo a pezzi e riporre le membra in una cassa di legno, con il divieto di aprirla fino alla data stabilita.
Secondo i suoi calcoli, il Principe sarebbe risorto tutto intero e in perfetta salute.
Tuttavia alcuni parenti (maledetti parenti, sempre loro) negli anni successivi trovarono e aprirono questa cassa anzitempo.
Le parti del suo corpo non si erano ancora completamente saldate e così il Principe, risvegliato in anticipo dal suo sonno, fece per alzarsi ma ricadde morendo – questa volta definitivamente – fra atroci urla.
Si sussurra che in alcune notti è ancora possibile ascoltare l’eco di quel grido disumano.
Il mito colto
Per fortuna la storia non ci restituisce solo dicerie e leggende popolari, ma anche e soprattutto il mito colto di un uomo intellettuale, brillante, poliedrico, letterato, mecenate, geniale inventore.
Nella Lettera Apologetica Raimondo di Sangro propone l’introduzione nella punteggiatura di un nuovo segno di interpunzione, il punto ironico, che serve a chiarire il tono e l’intento di un enunciato e che si può considerare il precursore delle emoticon. #WorldEmojiDay #Napoli pic.twitter.com/nvSWIhEMmv
— Museo Sansevero (@museosansevero) 17 luglio 2018
Giusto per!
Un grande uomo di cultura che già solo con la Cappella Sansevero è stato capace di creare un prodigioso forziere pieno d’arte.
La colpa di Raimondo di Sangro non è stata quella di venire a patti col diavolo, ma semplicemente quella di essere ossessionato dall’immortalità.
E per immortalità non intendeva di certo quella ultraterrena, ma più semplicemente bramava di “restare nella storia”. Un concetto forse troppo moderno per le menti del 1700.
Sulla sua lapide all’interno della Cappella c’è un’iscrizione non incisa, ma realizzata, tanto per cambiare, grazie ad un metodo partorito dal suo genio intellettivo: un singolare uso di solventi chimici! L’iscrizione recita:
“Uomo straordinario predisposto a tutte le cose che osava intraprendere […] celebre indagatore dei più reconditi misteri della Natura”.
Insomma ossessionato dalla voglia di generare meraviglia, Raimondo di Sangro è riuscito nell’intento di attraversare i secoli restando immortale sia grazie alle opere che ha lasciato come mecenate, sia come sopravvivenza distorta nelle credenze popolari napoletane.
Non sono rari infatti gli avvistamenti e gli incontri ravvicinati con il suo spirito fra i vicoli di Napoli.
Visitare il Cristo Velato ma non solo: la Cappella Sansevero tra arte, ermetismo ed esoterismo
Ma eccolo il simbolo dell’immortalità di Raimondo di Sangro: un monumento mondiale all’esoterismo e al mistero definito spesso un tempio, una “dimora filosofale” nata grazie al genio del Principe Maledetto, il quale non si limitò soltanto a circondarsi di artisti di pregio, ma scelse personalmente materiali, disposizioni e simbologie massoniche.
Sua è persino la formula (segreta ovviamente) dei colori degli affreschi dipinti sulla volta, giunti a noi ancora così vividi.
E anche se la star della Cappella Sansevero è il Cristo Velato, non si può non rimanere allo stesso modo increduli al cospetto di opere come il Disinganno o la Pudicizia, di cui vale la pena scrivervi qualche accenno.
E poi ci sono loro, le Macchine Anatomiche…
Il Disinganno
Il Disinganno, insieme al Cristo Velato e alla Pudicizia, fa parte del trio della perfezione artistica di tutta la Cappella Sansevero.
Il Principe dedicò il Disinganno al padre Antonio, il quale rimasto vedovo, lo abbandonò da piccolo per affidarlo alle cure del nonno.
Antonio condusse una vita dedita ai piaceri carnali girando il mondo all’insegna dell’avventura e del disordine morale.
Ormai anziano si ritirò a Napoli e, pentito di tutti gli errori commessi, cercò l’espiazione nell’ordinazione sacerdotale.
L’allegoria della scultura rappresenta proprio l’uomo che si libera dal peccato riprodotto sotto forma di una incredibile rete scolpita.
A completare il simbolismo allegorico, emblemi massonici come una delle tre “grandi luci” e un bassorilievo in cui Gesù restituisce la vista ad un cieco.
La Pudicizia
Dedicata invece alla memoria di Cecilia Gaetani, madre del Principe morta qualche mese dopo averlo messo al mondo.
Si comprende chiaramente quanto sia stato struggente il dolore del di Sangro per non aver mai conosciuto sua madre.
Lo si vede nella rappresentazione di un’esistenza troncata prematuramente sotto forma di una lapide spezzata e in un bellissimo volto velato che guarda altrove.
Anche qui presenti riferimenti massonici: la donna coperta dal velo infatti rimanda alla Dea massonica Iside.
Il labirinto
Il pavimento della Cappella Sansevero era decorato con un ingegnoso motivo a labirinto.
Purtroppo un crollo avvenuto nel 1889 distrusse gran parte del pavimento, ma i pezzi conservati mostrano chiaramente una decorazione realizzata in un’unica linea bianca continua e priva di congiunzioni, anche essa partorita dalla singolare mente del Principe.
Anche qui simbolismi massonici e cliché Templari: il labirinto rappresenta il cammino, il percorso della vita fatto di bivi e scelte da compiere con saggezza per non restarne intrappolati e raggiungere la verità in fondo all’uscita.
Le Macchine anatomiche
Come accennavo prima, nei sotterranei della Cappella Sansevero furono scoperti i corpi imbalsamati di un uomo e una donna, oggi esposti al pubblico e noti come le Macchine Anatomiche.
Sono decisamente le presenze più sconcertanti ed enigmatiche della Cappella.
I corpi sono assolutamente autentici e l’apparato circolatorio versa in uno stato di conservazione eccezionale.
Non sono opera dei mostruosi esperimenti del Di Sangro, ma di un medico siciliano, tale Giuseppe Salerno che le realizzò sotto la direzione del Principe.
La cosa incredibile è che dopo oltre due secoli, ancora non è nota la procedura che fu utilizzata per imbalsamare alla perfezione vene e capillari.
Visitare il Cristo Velato: info utili
Il Cristo Velato di Giuseppe Sanmartino custodito nella Cappella Sansevero è uno dei capolavori più gloriosi della scultura mondiale di sempre.
È dal 1753 che viaggiatori, turisti e amanti dell’arte vengono a Napoli per contemplare questo miracolo della scultura. Se non l’avete ancora visto vi invito a farlo inserendolo in cima alla lista delle cose da vedere a Napoli.
Vi lascio il sito ufficiale del Museo Cappella Sansevero per visualizzare info, costi e orari per organizzare la visita.
Questi i profili ufficiali Facebook, Instagram e Twitter.
Tutte le immagini sono proprietà del Museo Cappella Sansevero
Special Thanks to Museo Cappella Sansevero
Oltre ad aver fissato il Cristo velato per almeno mezz’ora senza muovermi o proferir parola, sono stata rapita dal “Disinganno”. Quella rete mi ha veramente ipnotizzata. Quando sono uscita dalla cappella ho pensato di essere stata risucchiata in un altro mondo per qualche ora e, forse, è stato proprio così 😀
Ciao Ilaria! Allora mi capisci? Esattamente come dici tu, sembra di varcare la soglia di un’altra dimensione quando entri nella Cappella…nonostante sia sempre e costantemente piena di visitatori! Sono contenta che tu l’abbia vista quest’opera fatta apposta per ipnotizzare il pubblico! Grazie e a presto! 🙂
Le opere sono una più bella dell’altra, anche se ho una particolare ammirazione per “Pudicizia”. Purtroppo non sono riuscita a visitare il Cristo Velato a Napoli, c’era troppa fila e io non avevo così tanto tempo. Ma amo talmente tanto la città che spero di tornarci il prima possibile 😉
Post interessantissimo!
Eh mannaggia, ora che mi ci fai riflettere non credo che esista una sorta di saltafila per la Cappella Sansevero. E penso che ci vorrebbe eccome per casi di estrema e urgente necessità magari anche pagando il doppio perché vale sempre la pena e andare via da Napoli senza vedere il Cristo Velato è come andare via senza mangiare una pizza margherita…passami la similitudine poco appropriata 😛 Devi tornare allora! Un bacione!
Non sapevo tutte queste cose…grazie per tutte le notizie di cui hai parlato e per tutte le cose che mi hai permesso di imparare! Che opere da bocca aperta… Un brivido lungo la schiena a vederle… Come diavolaccio è possibile realizzare opere del genere…..a partire da un pezzo di ..pietra!?
Grazie a te Elena per aver letto con interesse! E’ un miracolo dell’ingegno umano, visto cosa siamo capaci di fare con un sasso e uno scalpellino? …anche se la tentazione di stare ad ascoltare le leggende è fortissima! Ma il Cristo Velato è “solo” opera delle mani di Giuseppe Sanmartino! 😉 Grazie ancora Elena!
Cara Daniela,
non ho mai visto dal vivo questo capolavoro che è il Cristo Velato ma lo hai descritto così meravigliosamente da avermi fatto immaginare di essere a Napoli al suo cospetto. Con le tue parole sei riuscita a comunicarmi quelle emozioni visive che l’abile mano dello scultore Giuseppe Sanmartino ha scatenato in te. Dico “scatenare” perchè, come scrivi tu stessa, sono emozioni che ti hanno portato alla commozione. E non ne dubito perchè mi ha lasciato senza parole vedere le foto dei dettagli. Non avrei mai immaginato che uno scalpello potesse rendere un’immagine del genere anche se mi piace pensare al sudario posto sulla scultura e marmorizzato dalle conoscenze alchemiche di Raimondo di Sangro. Le ossessioni in genere sono un qualcosa di negativo, ma guardiamo a quale luogo meraviglioso ha portato la brama di di Raimondo a restare nella storia!
Non si esce da lì dentro senza esserne travolti, dico sul serio. La luce fioca, il silenzio dei visitatori, il fatto che si muovano in modo così solenne caspita…hai presente quando vai a rendere omaggio ad una persona deceduta nella camera ardente? Ecco così! Sembra davvero che il corpo di Gesù sia realmente sotto quel velo! Brividi! Raimondo c’è riuscito alla grande! 😉 Simona devi vederlo anche tu allora! Un abbraccio e grazie di tutto!
Immagino l’emozione provata perché il velo sembra una garza sottilissima, anzi qualcosa di ancora più leggero, più sottile della seta. Come la rete, sembra quasi che sia una rete vera pietrificata dallo sguardo di Medusa.
Chissà in quale percentuale sono divise verità e diceria popolare nella storia del Principe? Sicuramente un personaggio singolare, una sorta di Jack The Ripper napoletano che a ben vedere era spinto in un certo senso da motivazioni più “nobili”, come la ricerca medica.
Devo dire che quei due corpi sono mooolto inquietanti! Chissà quali tecniche ha usato il dottor Salerno? Ci vedrei bene una puntata di Alberto Angela (se non l’ha già fatta) o una bella miniserie di Netflix.
Non vorrei sbagliarmi ma mi sembra che gli Angela abbiano detto qualcosa in passato sul Cristo Velato ma non ci metto la mano sul fuoco…anche perché potrei essere trasformata dalle alchimie del principe di Sansevero 😛 Vero è quella l’impressione: più leggero e impalpabile di una seta. Le altre opere esposte (sono tante non solo quelle che ho citato) sono altrettanto degne della bravura e della singolarità del Cristo Velato e del Disinganno. Le maglie di quella rete fanno impressione Silvia! Su ogni nodo mi sono chiesta ma come cavolo non si è spaccato tutto mentre l’artista ci dava giù di scalpello e martello? O_O
Bellissima l’immagine della Medusa! 😉 Più che Jack The Ripper io l’ho immaginato come il Dottor Jekyll e Mister Hyde! In ogni caso da brividi! 😉 Buona serata, un bacione!
Orsa, generi anche tu meraviglia ogni volta che scrivi di Napoli! Cavolo, se devo tornarci in quella città magnifica! Primo fra tutti i motivi, perché non ho mai visto il Cristo Velato e la sua incredibile “custodia”. Ecco, di fama lo conoscevo, ma non l’ho mai visto dal vivo mentre della chiesa e delle altre opere non ne avevo mai sentito parlare e chissà perché… Sfido io che ancora aleggino leggende su questa opera e sul suo creatore… Quel velo sembra fatto di acqua, è pazzesco!! Sono rimasta così colpita davanti L’Ermafrodito di Bernini, ma qui davanti penso mi metterei a piangere dall’emozione…
Alessia io ci farei un’ipoteca sulla tua commozione! 😉 Perché la commozione è proprio compresa nel biglietto! 😉 Vero, ha una consistenza “liquida” che lo fa sembrare diverso da tutte le altre statue di marmo, anche quelle presenti nella stessa Cappella. Hai ragione anche sulle poche notizie, chissà perché si parla pochissimo del Principe e della sua vita di uomo illuminato, in fondo è per merito suo se esiste il Cristo Velato e proprio tutta la Cappella! Io nel caso ti consiglio una visita guidata, se mi capita la voglio fare anche io perché da soli ci si sente un po’ spaesati. Ci sono anche le audioguide ma sentirli a voce i racconti sulla vita del Principe di Sangro è decisamente più suggestivo. Proprio oggi mi è arrivata la newsletter di un’associazione che seguo, si chiama “oltre i resti” ti lascio il link agli appuntamenti della prossima settimana giusto per farti capire il genere di visite che organizzano 😉 Grazie di cuore per le tue parole Alessia, ti abbraccio e buona serata! <3
Non ti nascondo che la voglia di soffiare per far muovere il velo verrebbe anche a me. Un’opera straordinaria che mi ha fatto emozionare anche vedendola solo in foto. Un’emozione simile l’ho provata davanti alla celebre Paolina Borghese del Canova. Ma questa, credo, sia ancora più intensa e profonda. Devo decidermi a raggiugere Napoli; la Cappella Sansevero sarà sicuramente la prima visita che programmerò
Eh si devi deciderti! Però prima di venire a Napoli ti consiglio una dieta preventiva di 15gg! 😉 Sarà per la suggestione di tutta la Cappella ma ammirare il Cristo Velato è qualcosa di completamente diverso rispetto al guardare un’opera dei grandi artisti del passato, per quanto magistrali! *_* Come dicevo nel testo è una vera e propria esperienza! Buona serata e grazie! :*
In effetti non è una bugia: con la regola vigente di non poter scattare foto, si ha modo di ammirarla davvero. Azzeccatissimo fu il consiglio di un ragazzo napoletano che a domanda rispose che il Cristo Velato era per lui una delle bellezze in assoluto della città. E trovo sia vero. Bello da togliere il fiato.
A volte ci vuole proprio per staccare dalla smania di fare “la foto perfetta” cosa che non ti nascondo mi sta andando un po’ a noia! Ultimamente non mi godo a pieno le destinazioni proprio perché sempre con lo smartphone a scattare da tremila angolazioni e non va bene! Scommetto che se non vigesse questo divieto nella Cappella Sansevero, la vista del Cristo Velato non avrebbe più il suo effetto così potente sui visitatori. Sono contenta che tu l’abbia visto quando sei venuta a Napoli! Un bacione e buona serata Tiziana!
Il Cristo Velato credo sia una delle opere che più mi ha lasciato senza parole negli ultimi anni, una perfezione che fa davvero pensare alla magia. Conoscevo un pochino la storia del Principe di Sansevero, ma non avevo letto la leggenda legata alla sua morte.. inquietante! Mi ha fatto pensare a Frankenstein, perdonami l’accostamento!
Sai cos’altro mi ha inquietato durante la visita? La cruda realtà delle macchine anatomiche, giuro che ho dovuto distogliere lo sguardo..
Bellissimo questo articolo Dani, davvero!!
Ma infatti niente da perdonare, siamo in tanti a vedere in Raimondo di Sangro un personaggio uscito dalla penna di Poe! Le Macchine anatomiche di per se non sono inquietanti ma lo è il modo in cui sono esposte in quella angusta cavea all’interno delle teche a muro, con la scaletta a chiocciola senza nient’altro intorno! O_O Anzi si, ho cambiato idea…sono inquietanti pure loro 😛
Ti ringrazio tantissimo Silvia, un abbraccio!
Ricordo i tempi del liceo quando andavo spesso alla cappella, all’epoca vuota, molte volte l’ho visitata praticamente da sola. Ho sempre pensato che le statue più incredibili fossero la Pudicizia, che come tu hai spiegato era un omaggio alla madre (un po’ curioso vista l’erotismo della statua) e la rete del Disinganno, credo molto più impressionante del “classico” velo del Cristo. Ricordo che, con la scuola, visitai l’archivio storico dove ci fecere vedere il “documento dei lavori” che attestava l’unicità del blocco di marmo del Cristo che sfatava tutti i fasi mitisul doppio strato. 😉 Tu l’hai visto?
Lilly bentornata! *_* Faccio fatica a immaginare la Cappella vuota, che immenso privilegio che hai avuto! Hai ragione sulla rete del Disinganno è qualcosa di magistrale…ecco io più che sul velo avrei dubitato su quello, la rete è stata “marmorizzata” non il sudario 😛 No purtroppo non ho visto l’archivio storico ma lo segno, grazie per aver letto e di nuovo bentornata! :***
Mi hai letteralmente accompagnata in questa visita virtuale e le tue parole, insieme alle foto, mi hanno fatto venire la pelle d’oca. Se c’è una cosa che non mi perderò quando verrò a Napoli sarà sicuramente la visita al Museo Cappella San Severo. Grazie per queste emozioni.
Che belle parole Erica grazie! :* In attesa allora che tu venga quaggiù mi ha fatto piacere darti un’anteprima su questo autentico scrigno d’arte che è la Cappella Sansevero!
Grazie ancora a te! Buona settimana! 😉
Oddio mi hai fatto venire un brivido, mi hai trasportato in quella cappella di fronte al genio di quell’uomo nel giro di qualche centinaio di catatteri. Io ci sono stata l’anno scorso per Natale e non credo che potrò mai dimenticarmi di quella visita…
Che poi visita, dici bene te, che parola riduttiva per descrivere l’insieme di emozioni che ti assale non appena ti compare di fronte il Cristo e le altre statue.
Credo sia proprio questo stato di shock sensoriale che ci impedisce di mettere una mano su quel corpo per tentar di tirare via il velo…perchè di velo, imprigionato in uno stato di immortalità, si tratta.
Wow che parole strabelle che hai usato nell’ultima frase Sis! Talmente belle e azzeccate che come Canova avrei dato anche io 10 anni per rivendicarne la paternità intellettuale 🙂
Sono contenta che l’abbia vissuto sulla tua pelle questo “incontro”! *_*
Grazie ancora per le tue parole Marghe! :*
Mi hai fatto vivere la tua esperienza in maniera così vivida che un po’ mi è venuta l’ansia Dani te lo devo dire. Ho percepito una sorta di misticità che mi ha tenuta con il fiato sospeso fino alla fine. Non ho mai visto il Cristo Velato dal vivo, tirami le orecchie lo so che sono colpevole. Il mio problema è che a Napoli vado molto raramente e se vado è solo per commissioni o toccate e fuga. E il Cristo Velato si deve godere, si deve assorbire. E poi dopo tutta quella fila non voglio mica scappare subito eh! Per ora ho fatto l’anteprima grazie a te ma spero presto di vederlo anche con i miei occhi! 🙂
Assolutamente no che non te le tiro le orecchie anzi, quasi invidio il fatto che lo vedrai per la prima volta con la maturità! Vorrei resettare la memoria del mio cervello per poter rivivere l’emozione del vederlo per la prima volta sai? Hai ragione, è una cosa che va fatta con calma e non di fretta, spero che riesca a organizzarti al più presto! 😉
Ti ringrazio per le splendide parole Simona! A presto! :*
Che bello!!
Sai che non l’ho mai visto?! Dev’essere davvero emozionante… prossima volta a Napoli devo inserirlo tra le cose da fare!
Con le tue parole sei riuscita a farmi vivere la sensazione di essere lì e ora non vedo l’ora di poterla provare dal vivo!
Ciao Selene! Bellissimo e dal vivo è troppo emozionante, soprattutto se poi ripensi all’alone di mistero che ruota attorno alla figura di Raimondo di Sangro! Devi vederlo si, mi raccomando in cima alla lista di cose da fare prima ancora della pizza! 😉
Grazie ancora e buonanotte! :*
Premettendo che mi ero persa questo articolo (voglio la testa di qualcuno sul patibolo per questo ), ho letto ogni riga letteralmente senza fiato.
Dani, anzitutto complimenti, perché quando tu scrivi per me il tempo smette di esistere. Ma con la descrizione del Cristo Velato, dell’incredibile Cappella Sansevero e della misteriosa ed illuminata vita di Raimondo di Sangro, ho avuto un brivido continuo.
Che assoluta meraviglia! La tentazione di soffiare su quel velo l’ho provata costantemente anch’io… C’è qualcosa nella pietra, che a mio avviso è pura leggiadria. Non so se ti capita mai di pensare che il marmo, se modellato a dovere, diventa delicato come vetro…
Il Cristo Velato per me non fa eccezione: è pura poesia visiva. E l’intera Cappella un capolavoro dell’arte. Sono estasiata!
Per non parlare dei riferimenti massonici, i corpi perfettamente conservati e misteriosamente imbalsamati.
Di una cosa sono certa: appena verrò a Napoli, questa visita sarà in cima alla mia lista. Domanda: è possibile fare visite guidate? Meglio prenotare in anticipo?
A presto e ancora complimenti!
Claudia B.
Dani, mi commuovo semplicemente a leggere, immagino la tua emozione a qualche centimetro da lì!
E ti capisco, perché la sensazione di lacrime mi ha pervaso in altri contesto, ma sempre artistici-culturali…purtroppo, però, il Cristo Velato, così come altri tesori di Napoli, non li conosco.
Devo recuperare, perché non è possibile girare il mondo e poi perdersi queste meraviglie!
Un bacio e grazie per il racconto!
E’ decisamente in cima alla lista dei capolavori che vorrei vedere a Napoli *_* I dettagli, la perfezione di quel velo che sembra appoggiato e non scolpito sul marmo, tanto da volerti spingere a scostarlo dal volto…ma anche i dettagli del resto della Cappella sono spettacolari. Mi sono emozionata leggendo e guardando le splendide foto, dal vivo potrei essere colpita dalla sindrome di Stendhal!
Ho paura di si Serena, soprattutto se c’è la luce giusta e magari becchi un orario con poca affluenza di visitatori! Ti piacerebbe tantissimo ne sono sicura! 😉