“Io voglio rimanere in questo luogo, capuzzella tra le capuzzelle. Voglio ascoltare le storie di questi umili defunti, piangere e gioire con loro. Qua dentro la solitudine non si avverte. Là fuori si.”
Iscrizione sulla teca del teschio del Capitano a Napoli nel Cimitero delle Fontanelle.
Solitamente un cimitero è un luogo che rievoca morte, pena e tristezza.
Ma come ogni cosa che viene toccata dal “genio” della pietas popolare napoletana, anche il senso più profondo di un comune cimitero viene sovvertito.
Qui non c’è la morte, qui c’è la vita!
Siamo in pieno rione Sanità, cuore pulsante della città partenopea. Il Cimitero delle Fontanelle, altrimenti detto delle “Anime Pezzentielle” altro non è che una grande cava scavata nel tufo, contenente qualcosa come 40.000 resti umani. Crani (capuzzelle) e femori, la maggior parte dei quali appartenuti alle vittime della grande peste del 1656 e dell’epidemia di colera del 1836.
L’impressione di una visita tetra o lugubre lascia immediatamente il passo a un immenso senso di rispetto misto a pietà verso queste anime abbandonate, chiamate appunto pezzentielle, perché non potevano permettersi una degna sepoltura.
Questo è un enorme ossario dunque, imperniato della più profonda credenza popolare napoletana. Ma vediamo perché.
Napoli e il Cimitero delle anime Pezzentielle
Siamo fermi all’ingresso e aspettiamo la guida che ci introdurrà ai misteri e alle leggende legate a questo posto.
È gennaio, piove e fa freddissimo, ma non è nulla rispetto al freddo umido che ci aspetta all’interno. Ecco perché si dice “frisc a l’anima dei muort!”. Arriva la guida e scendiamo letteralmente nel regno dei morti, in una lunga e interessante passeggiata fra storia, leggende e credenze popolari.
La cosa che colpisce immediatamente sono le monetine (da 2 o 5 centesimi) poggiate su molti dei crani accatastati. Da lontano e nella penombra, quei centesimi tondi e scuri mi sono sembrati fin da subito dei fori di proiettile. Colpa della mia mente bacata da guerrafondaia…
Ci disponiamo in cerchio e la guida ci inizia alla storia della cava e all’origine che sta alla base del “culto” delle anime pezzentielle.
Detta in breve, le matrone napoletane dei secoli passati, venivano in questo luogo per “adottare” un teschio porgendogli preghiere, cure e devozioni in cambio di favori. Per la serie il clientelismo è proprio insito nei geni dell’italiano medio: la “richiesta” del vivente alla capuzzella, altro non era che fortuna, miracoli, oppure dei numeri (possibilmente vincenti) al gioco del lotto.
Molte volte in caso di non grazia ricevuta, l’adottante in segno di disappunto girava il teschio rivolgendolo in castigo contro il muro. Al contrario, il teschio in oggetto veniva venerato con fasti e onori.
Addirittura veniva inserito in teche di vetro, lucidato e adornato di targhe e scritte di ringraziamento.
Man mano che ci addentriamo nella cava, la luce naturale si fa sempre più fievole, fino ad essere completamente sostituita da quella delle candele. Fa freddissimo, e gli unici rumori che si sentono sono i nostri passi, i pipistrelli e il gocciolio della pioggia che filtra dal tufo.
O’ Capitano e gli altri teschi VIP del Cimitero delle Fontanelle
La visita guidata prosegue fra i teschi comuni e quelli per così dire… VIP, con una storia o una leggenda alle spalle.
È il caso del teschio di Donna Cuncetta, la cui peculiarità riconosciuta e provata, è il suo aspetto completamente lucido. Non a caso è anche detta la “capa che suda”. Se toccate con la mano il suo teschio e la ritrarrete bagnata, vorrà dire che essa ha esaudito il vostro desiderio; gli umori trasudati dai resti infatti, venivano interpretati come sudore delle anime del purgatorio, ossia una rappresentazione delle sofferenze e delle fatiche giunte nell’al di qua direttamente attraverso il teschio.
Poi c’è la coppia di marito e moglie. Lei pare sia morta soffocata con uno gnocco in gola. Infatti il suo volto mummificato e conservato particolarmente bene, consente di intravedere qualcosa incastrato nella gola.
E poi c’è lui, il Capitano, la vera star del Cimitero delle Fontanelle. Molte sono le versioni che circolano sulla storia di questo teschio. Vi racconto quella che mi è piaciuta di più.
Una ragazza del secolo scorso era particolarmente devota al teschio appartenuto ad un Capitano (non è dato sapere se della Benemerita).
Questa ragazza andava ogni giorno al cimitero per pregare il teschio del Capitano, affinché l’aiutasse a trovare marito.
Ebbene il Capitano l’accontentò. La ragazza trovò un fidanzato e, il giorno delle nozze, fra i banchi degli invitati in chiesa, apparve all’improvviso uno sconosciuto in divisa.
Quest’uomo alto e imponente fece un occhiolino d’intesa alla sposa. Il neo marito geloso per quel gesto, gli sferrò un energico pugno in un occhio. Il giorno dopo il matrimonio, la ragazza tornò al cimitero per ringraziare il teschio del suo Capitano e, sorpresa, l’occhio sinistro apparve alla ragazza con un alone nero!
Il teschio del Capitano presenta effettivamente un alone scuro intorno alla zona orbitale. La foto non rende, ma dal vivo si vede ancora più chiaramente.
Il cimitero delle Fontanelle è ancora oggi un luogo frequentato da persone che chiedono grazie in cambio di cure e attenzioni verso i resti delle anime Pezzentielle.
Ho visto personalmente un biglietto dell’ultimo concerto di Pino Daniele (era morto da pochissimi giorni) messo lì come ex voto.
È un luogo autentico dove si fondono fede, misticismo e culti pagani, un calderone che trae origine dalla semplice ricerca di conforto dalla miseria più profonda della vita quotidiana.
Trarre conforto dall’illusione e dalla immensa fantasia che il popolo napoletano possiede in abbondanza, per me è una cosa da non deridere, ma da rispettare profondamente.
Adotta anche tu una Capuzzella!
Foto: L’Orsa Nel Carro
Bellissimo questo tuo racconto! Ma sai che, pur essendo di Napoli non ci sono mai stato? devo assolutamente rimediare 🙂
Fabio
Di Napoli? Ennò allora dovete assolutamente rimediare! ;-D Vi consiglio però di andarci con una guida. Vi racconteranno tutto: dalla storia alle leggende popolari che trasudano in questo luogo. Ogni tanto su Groupon mettono una visita narrata. Ho visto che siete venuti a Salerno per Luci d'Artista, se tornate da queste parti fatemi sapere che ci conosciamo “live”! Grazie 1000 per il commento!
Ma dai, siamo vicinissimi allora! 😀 Eh, sì, dobbiamo conoscerci allora 🙂
Abbiamo una amica guida turistica che proprio oggi fa una visita guidata lì, putrtoppo però, a causa di altri impegni, non siamo potuti andare.
Ma sicuramente questi sono posti in cui la guida dà qualcosa in più alla visita.
Grazie per il suggerimento e speriamo a presto 🙂
Fabio
Si! Fateci sapere che facciamo un meeting a 6: chiamo anche Manu di Unviaggioperdue! Grazie per commenti e visite!
Fantastico questo cimitero, ne avevo sentito parlare ma il tuo articolo è stato un vero viaggio nell'aldilà e ritorno. A molti non piacciono queste cose macabre ma a me attirano particolarmente! 😀
La storia del capitano bellissima, quella della moglie morta soffocata un pochino meno poveraccia. Ahaha
Un bacione 🙂
Wow…il mio articolo un viaggio nell'aldilà A/R! Mi sento molto “Caronte Nel Carro” hahhaha!
Comunque è un luogo davvero suggestivo e, trovarsi al cospetto della teca del Capitano, mette un certo timore reverenziale con brivido in omaggio.
Napoli è speciale in ogni suo aspetto, morte inclusa!
Grazie per essere passati!
Sono stata a Napoli, ma non avevo mai sentito parlare di questo cimitero. Bellissimo il tuo racconto… Trovo straordinario come cultura, religione, superstizione, a Napoli in particolare modo, si intreccino dando vita a posti speciali come questo. Grazie per avermelo fatto scoprire. 🙂
E allora hai un'occasione per ritornarci!
E' vero, a Napoli sono maestri indiscussi nel portare all'apice della contraddizione un aspetto come quello che descrivi.
Grazie per le tue parole, sono contenta di averti fatto apprezzare un luogo come un cimitero…e che cimitero! ;D
Daniela
Bellissimo questo articolo, mi hai fatto rivivere la mia visita in questo posto surreale, visita che senza una guida resterebbe incompleta. La parte che più mi è piaciuta riguarda proprio le storie e le leggende legate ad alcuni teschi. Hai ragione a Napoli anche il rapporto con la morte ha un non so che di scaramantico!
Ma che articolo interessante! Premetto che all'inizio ero un po' impressionata all'idea di tanti crani esposti in un cimitero, ma leggendo la storia della moglie morta con lo gnocco mi sono sciolta ahahah (dai, poverina).
Trovo davvero singolare come le persone possano affidarsi ad un teschio e avere tanta devozione (tanto da girarlo a faccia al muro in caso di grazia non ricevuta!.
Ammetto che la prossima volta che sarò a Napoli proverò (e dico proverò) ad avventurarmi anche io in questo cimitero. Ti farò sapere. Intanto bel pezzo! 🙂
Giustissimo Valentina, senza una guida la visione di un luogo sarebbe completa solo a metà.
Negli ultimi anni ho cominciato ad apprezzare tantissimo le visite guidate, soprattutto quelle animate e narrate dai local più “veri”!
Questa, in particolare, l'abbiamo vissuta in maniera molto particolare…apprezzando il dialetto napoletano, i prverbi e i modi di dire legati alla morte, scongiurandone in questo modo il lato più triste!
Napoli Docet 😉
Grazie per la visita!
Daniela
Ciao Cristina grazie per il “bel pezzo”….adesso mi sciolgo io ;D
Come ho detto anche agli altri, sarebbe preferibile visitare questo luogo con una guida narrante, proprio per “esorcizzarne” i contenuti con racconti interessanti e, perchè no, anche divertenti!
A Napoli c'è un culto dei morti davvero particolare: devi sapere che ancora oggi, alcuni napoletani(quelli di vecchio stampo) sono soliti andare al cimitero per “pulire e sistemare” il proprio caro morto imbalsamato!
Una volta ho sentito dire con le mie orecchie ad una lontana parente napoletana: “Domenica devo andare al cimitero a cambiare il pigiama a ZioVittorio”. !!!!!!!!!!
I Napoletani sono incredibili.
Da patrimonio UNESCO!
Un bacione!
Daniela
“cambiare il pigiama ad un defunto?” Ma come è possibile?! Oh mamma… rabbrividisco!
Eh già! Accadeva agli inizi/metà del secolo scorso quando qualcuno usava imbalsamare il proprio defunto.
A tutt'oggi i familiari, ormai anziani, si recano al cimitero per “governare” i loro cari.
Gli addetti si recano a ritirare il defunto indicato (in qualche area specifica del cimitero) e lo portano in una sala dove il familiare rinnova le “cure” lavando e ripulendo il corpo da polvere ecc.
Addirittura qualcuno gli cambia l'abito quando si logora!
E' un'usanza assai strana e per fortuna attualmente in disuso e vietata(come se ce ne fosse il bisogno di vietarla….e chi lo farebbe più oggi?)
Tutto ciò è sempre legato al bislacco rapporto che ha Napoli con la Signora con la falce!